giovedì 8 agosto 2013

Pentola e coperchio



La realtà è dura, ma non malvagia: per esserlo, dovrebbe procurare dolore deliberatamente. L'unico modo perché il male sia della realtà è che l'origine della realtà sia volontaria e malvagia: a questo punto però non avrebbe senso parlare delle cose belle del reale, in quanto, nel contesto di una realtà malvagia, esse non sarebbero vero bene in quanto servirebbero soltanto a prorogare il supplizio di Tantalo dei viventi (nel senso: “metto nel reale qualcosa che ti piaccia, quel tanto che basti a farti desiderare quella vita che in realtà è il mio strumento per torturarti”: catarismo puro, insomma). L'alternativa è che la realtà sia quello che è, che il bene sia effettivo bene (di conseguenza, la realtà intera sarebbe buona, per motivi speculari all’argomentazione già usata per la sua ipotetica malvagità), ma che per i limiti delle cose finite esso non sempre coincida con la sua accessibilità da parte dei viventi: a questo punto, il male si risolve in una faccenda umana, in una faccenda di porsi umano, verso le cose e gli altri, in termini relazionali di compromissione di sé e riconoscimento di valore alle cose, piuttosto che in termini egocentrici, di potenza ed oggettivanti.

BIBLIOGRAFIA di riferimento:

GALIMBERTI U., La terra senza il male, Feltrinelli, Milano 2009;
WALLACE D. F., Brevi interviste con uomini schifosi, Einaudi, Torino 2000.

4 commenti:

  1. Dai nomi alle cose e queste perdono la loro natura. Costruisci discorsi sulla realtà e questa agisce soltanto nel recinto verbale che le hai costruito. L'errore, o il male, come tu lo chiami, non sta nel reale, ma nel non essere capaci di fare silenzio e saper discutere con esso. Silenziosamente.
    Capire l'alfabeto dei gesti piuttosto che delle parole, come animali selvaggi, questa è saggezza. C'è qualcosa di più vivo in fondo?

    Eva

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    1. (Una piccola cosa che scrissi a scopo universitario, sul silenzio: http://www.youblisher.com/p/579099-Silenzio-comunicativo-e-silenzio-etico-nella-nuova-evangelizzazione/ )

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  2. Grazie dell'intervento, Eva: mi pare che le nostre posizioni, convergano decisamente. Dato che però io di queste cose scrivo, mi va d'integrare il tuo intervento con un passo del vangelo di FIlippo, da interpretarsi (per capirmi) secondo quanto già scrissi (http://vitabeffarda2.blogspot.it/2013/07/essere-intellettuale.html) sull'uso ALLUSIVO e NON CONCETTUALE delle parole:

    « I nomi dati alle cose terrestri racchiudono una grande illusione: infatti distolgono il cuore da ciò che è consistente, per volgerlo a ciò che non è consistente. [..] Ma la verità addusse nel mondo dei nomi, poiché è impossibile
    insegnarla senza nomi. » (Filippo, cod. II 53,25; 54,15)

    In: L. MORALDI (a cura di), I Vangeli gnostici, Adelphi, Milano 2007, pp. 50-51.

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    1. ps: credo che gli uomini creino il bene e il male a loro immagine, proprio ogni qual volta prendano a riferimento se stessi per giudicare la realtà. La realtà diventa così qualcosa di buono o di cattivo per il solo motivo di avere ora assecondato, ora negato gli interessi di chi la valuta.

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