giovedì 3 settembre 2015

Se il simbolico è perduto

Le notizie che giungono dal Belgio producono un clamore che pare del tutto ingiustificato dati i presupposti culturali dell'attuale Occidente. L'eutanasia concessa (su richiesta dell'interessata) ad una giovane depressa pare la naturale conseguenza dello smarrimento della prospettiva simbolica sulla vita e sulle cose: prospettiva analogica, per cui la vita è sempre nota e ignota insieme.
L'uomo sano non si fossilizza sul passato, non si rimanda al futuro, ma è se stesso nel presente: questo è pacifico. Il presente dell'uomo sano, del resto, è un presente simbolico, analogico, un presente che tiene conto della strada fatta ed anche del fine ultimo: è un "non più" ed un "ancòra", un "già" e un "non ancòra".
Se l'uomo è solo presente, si trova appiattito su ciò che ora pensa o su ciò che ora fa: è ridotto a pura efficienza, efficienza mentale piuttosto che operativa.
Se l''uomo è solo efficienza, smette di valere quando non produce, ma non ci si illuda: anche se è l'uomo è solo sostanza, se è "sempre comunque un uomo" e basta, egli va incontro alla riduzione: quella del politicamente corretto per cui normale e perciò immeritevole di soccorso è tutto e il contrario di tutto (con buona pace dei liberali, il politicamente corretto che tutto ammette è infatti nient'altro che una mala interpretazione dell'antropologia teologica cattolica).
Se l'uomo è solo corpo, allora smette di valere quando sta male; se è solo ego, allora è ridotto alla volontà ch'è capace di esprimere (e quale volontà si è capaci di esprimere, quando si sta male?) e se questa volontà vuole morire, che muoia.

Il problema della ragazza belga non è  un problema personale, ma collettivo: non è un problema psicologico, ma un errore antropologico. Sul piano psicologico, il desiderio di morte è già una reazione antidepressiva, in quanto implica la presa di coscienza del problema, che è quello di non trovarsi a vivere secondo la tensione non solo delle proprie aspettative, ma soprattutto del proprio fine. Ma per ammettere un fine è necessario ammettere d'essere un già e non ancora e per far questo è necessario uno sguardo simbolico su se stessi e sul reale. E' necessario che tale sguardo lo abbia poi non soltanto chi sta male, per poter mettere in moto le proprie forze (se questo fosse stato possibile, non si sarebbe radicata una così profonda depressione), ma la società intera, perché sia capace di comprendere la richiesta d'aiuto che le giunge da una delle sue figlie.
Se si perde la prospettiva simbolica (o la si vuole ignorare), al contrario, la richiesta d'aiuto non può più essere compresa (quando non sia deliberatamente, per calcolo di profitto, ignorata) e così si procede (ora in buona fede ed ora invece, appunto, in modo fraudolento) per la strada più breve e soprattutto meno costosa, che è quella di "gettare il bimbo assieme all'acqua sporca".