lunedì 26 febbraio 2018

Libertà è responsabilità, Democrazia è partecipazione

Perché le persone sono ciclicamente attratte da opinioni prevaricatrici? Guardando i bambini giocare, si vede spesso come molti amino impersonare animali domestici intenti a ricevere gratificazione da un/a padroncin@ affettuos@: si potrebbe dire che, crescendo, questa fantasia resti il gioco preferito di molti.


Una persona è molto più felice, quando è sottomessa a un’autorità benevola”, dice il Professor Marston nell’omonimo (e secondo me splendido) film biografico del 2017, scritto e diretto da Angela Robinson: l’esperienza quotidiana mi porta a pensare che, per molti, sia in effetti così. Certamente, secoli di mentalità cristiana avranno contribuito non poco ad instillare nella civiltà europea l’idea di attendersi la soluzione da un Deus ex machina benevolo ed onnipotente: ciò nonostante, ho il vago sospetto che la causa e l’effetto in questo caso sfumino l’una nell’altro. Ho il sospetto, insomma, che il Cristianesimo abbia fornito ai popoli europei l’occasione per lasciarsi andare ad una tendenza innata: la stessa del bimbo che fa il cagnolino per la compagna di classe; la stessa del leccapiedi del capo-ufficio; la stessa per cui alcune civiltà sacrificavano i loro più cari beni al fine d’ingraziarsi un mondo spaventevole.


Ritenere di essere liberi implica l’assumersi un’enorme responsabilità riguardo gli esiti della propria vita e della cosa pubblica. Come posso dire di essere libero, se le mie azioni, le mie parole ed i miei pensieri sono indifferenti e non sortiscono alcun effetto reale? Come posso dire di essere libero, quindi, senza ammettere il nesso causale fra ciò che faccio, ciò che dico e ciò che penso, con ciò che si produce nella mia vita? Ce lo ricorda anche lo zio di Peter Parker nella vignetta conclusiva della storia d’esordio di Spider-man (Amazing Fantasy #15, Marvel, USA 1962), che “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità”: un impegno con se stessi e col mondo che, ho il sospetto, molti umani siano tendenzialmente insofferenti a doversi prendere. Alla responsabilità della libertà, mi pare sia per molti preferibile il valutarsi nella condizione d’inferiorità che offre l’indubbia comodità di potere delegare ad altri l’impegno delle soluzioni, nonché di potersi piangere addosso per le disgrazie, magari recriminando (senza reagire) sulle colpevoli inadempienze dell’autorità che si era riconosciuta. Chi ragiona nel modo che ho detto, lo fa ovviamente anche in un contesto democratico: i politici sono allora l’autorità cui si è riconosciuto potere, in cambio del proprio posticino da vittima “speranzosa” degli eventi.


Ovviamente la Democrazia è secondo me ben altro e richiede, nel contesto sociale della Polis, la stessa partecipazione “eroica” richiesta personalmente per accettare il prezzo della propria emancipazione dal vittimismo. Così come la propria libertà non può essere né percepita e né “spesa” senza l’assunzione della responsabilità dei suoi effetti, così la Democrazia esige la più vigile partecipazione di chi voglia mantenerla. La libertà, così come la Democrazia, sono regìmi enormemente più dispendiosi del vittimismo e della sudditanza: sono regìmi per gente che non si risparmia, sono regìmi d’iniziazione a se stessi e richiedono il coraggio delle grandi narrazioni epiche! Ulisse affronta il suo viaggio iniziatico contro il favore del Fato, così come le rivolte operaie “strappano” porzioni di libertà e responsabilità aziendale al potere del Capitale; l’uomo si lancia alla ricerca di se stesso ed affronta i propri demoni in vista della vera Volontà, così come i cittadini democratici affrontano le reciproche diversità per trovare il miglior punto d’equilibrio fra libertà soggettive e convivenza pacifica e costruttiva. In questa prospettiva, un approccio “liderista” alla Democrazia è un tradimento intrinseco del significato di quest’Ultima: smettiamola di inseguire capi prestigiosi e mettiamoci una buona volta a verificare le notizie, a scegliere partiti con una gestione interna democratica ed a seguire le assemblee del partito che abbiamo votato (qualunque esso sia), per valutarne l’operato e contribuire ad esso con la nostra esperienza. Essere democratici e liberi sono grandi fatiche e solo una precisa intenzione, seguita da una partecipazione puntuale a se stessi ed alla cosa pubblica, può renderle eventi effettivi (anziché illusioni).

venerdì 23 febbraio 2018

Animali "energetici" e come trovarli

Per affrontare correttamente l’argomento dell’uso evolutivo del simbolismo animale, occorre anzitutto distinguere fra tre categorie: 1) animali totemici, 2) animali guida e 3) animali di potere.

1) “Totem” è un termine che, in Europa, può essere utilizzato soltanto impropriamente, dal momento che si trova strettamente legato alle civiltà nord-americane preesistenti alla conquista da parte dell’uomo bianco: esso presuppone una concezione animista della realtà che prevede l’esistenza di un Grande Spirito cosmico, il quale si declina in una miriade di forze che si manifestano all’uomo sotto la forma di ogni ente ch’esiste. Se, per compararci ad un lessico europeo, accettassimo di paragonare il Grande Spirito all’Anima Mundi dei pensatori rinascimentali, potremmo intendere gli animali totemici come quelle sue particolari declinazioni "incarnate" nelle peculiarità comportamentali e percettive di una data famiglia di sangue, piuttosto che di un dato popolo: un po’ come gli animali araldici che, in Europa, descrivono l’indole di una stirpe svettando dagli scudi di ciascuna linea genealogica familiare. L’animale totemico non è mai soggettivo, riguardando sempre una linea di sangue od una stirpe od un popolo od una determinata civiltà: l’aquila è l’animale totemico del senato romano, mentre la lupa è l’animale totemico del popolo; il picchio è l’animale totemico dei piceni stanziatisi nelle Marche prima ancora della nascita di Roma, tant’è vero che, ancora oggi, la Regione lo porta disegnato sulle proprie insegne; il grifone bicefalo fu l’animale totemico dei Romanov, ecc.

2) L’animale guida è una figura che rientra nella medesima concezione animista già descritta e parimenti, indica una specifica energia in cui si declina verso l’uomo l’Anima Mundi: mentre l’animale totemico indica però l’indole collettiva di un dato gruppo umano, legato da una certa discendenza di sangue o da una certa psicologia sociale dovuta alla comune appartenenza culturale, l’animale guida definisce una energia di cui lo sciamano si giova per viaggiare tra i mondi sottili, allo scopo di portare a termine la sua funzione sociale. In un viaggio sciamanico, l’animale guida si offre all’operatore come quella specifica energia in grado di orientarlo nel suo operato: lo sciamano potrà in un caso invocare diversi animali guida a seconda delle operazioni che andrà a compiere oppure, in un secondo caso, si gioverà di un solo animale guida che con la sua simbologia, esprima su quali atteggiamenti il singolo sciamano possa fare leva, data la sua soggettività.

3) Gli animali di potere si dividono in due sotto-categorie ricalcanti, per certi aspetti, i due atteggiamenti che, si è visto, lo sciamano può assumere verso gli animali guida ed anche questi simboli si rifanno alla concezione animista. 3a) la prima categoria di animali di potere include quelli che stanno al soggetto come gli animali totem stanno ai gruppi: ogni soggetto scopre nella sua vita un animale di potere e nel confronto con le caratteristiche di questo, scopre progressivamente le proprie qualità intrinseche, ma spesso a lui stesso sconosciute: gli animali di potere di questo tipo accompagnano il soggetto dalla culla alla bara e non sono in alcun modo sostituibili, facendo talmente parte della persona da esserne in pratica l’alter-ego; 3b) la seconda categoria di animali di potere include quelli che, in qualche modo, si manifestano al soggetto in determinati periodi, per illuminarlo simbolicamente sulla circostanza ch’egli vive in quel momento: essi possono illustrare un atteggiamento temporaneo del soggetto, così come l’atteggiamento più opportuno da tener in una data situazione, così come la situazione stessa nelle sue qualità energetiche.

Come si individuano gli animali simbolici dei tre gruppi? Esistono sostanzialmente due metodi, uno di tipo epifanico, con l’incontro reale di un certo animale in circostanze rilevanti ed uno di tipo meditativo.

Nel primo caso, il soggetto incontra fisicamente l’animale in un contesto significativo come ad esempio, nella ricerca del proprio animale di potere personale (3a), la circostanza di essersi recato appositamente in un luogo selvaggio in modo rituale (cioè affrontandovi preghiere, digiuni, silenzi ecc.), al fine di vedersi comparire davanti un animale che segnali il suo valore simbolico attraverso un comportamento significativo per il cercatore stesso. Un altro modo “epifanico” d’incontro con animali energetici, stavolta sia totemici (1) che appartenenti ad entrambe le sotto-categorie “di potere” (3a-b), riguarda quegli avvenimenti che Jung chiama sincronicità: il cercatore sta pensando o facendo qualcosa inerente il suo percorso, l’auto-comprensione di se stesso e/od eventi e dinamiche tipici del suo gruppo ed in più di un’occasione, si verifica la concomitante apparizione di uno specifico animale: in questo caso, il soggetto comincia, con il susseguirsi delle coincidenze fra agito/pensato ed apparizioni, a riconoscere un nesso di valore simbolico e chiarificatore, fra i due fenomeni apparentemente slegati fra loro.

Il secondo metodo, più frequente, è quello utile a riconoscere animali energetici di tutte quante le tre categorie (totemici, guida e di potere “a+b”): tramite un viaggio sciamanico od un’opportuna meditazione, anche guidata dalla voce di un soggetto esterno, il cercatore entra in contatto con l’immagine mentale di un animale, del quale poi dovrà andare ad indagare le caratteristiche, al fine di ottenere un responso utile.

mercoledì 21 febbraio 2018

La Grande Ricerca

Mi è stato ultimamente richiesto di commentare esotericamente l’arci-nota fiaba di Cappuccetto Rosso: essendo un tema affascinante, esponendo il quale mi sarà poi possibile esemplificare anche alcuni meccanismi del mito, mi accingo a stenderne un'illustrazione, necessariamente riassuntiva. Per chi non lo sapesse, la fiaba in questione parla di una bimba invitata dalla madre a portare vivande alla nonna, aldilà del bosco: noncurante dei consigli materni, la bimba si lascia distrarre dal lupo, che la devìa dal percorso e la precede a casa della nonna, per tenderle un agguato. Nonna e Bimba, divorate dal lupo, vengono infine salvate da un cacciatore amico dell’anziana. Per avvicinarci culturalmente a questa fiaba è necessaria una premessa: con l’arrivo del monoteismo giudaico-cristiano in Europa, i racconti popolari assunsero su loro stessi il compito che in epoca politeista fu del mito, ovvero il narrare quelli che Jung chiamerebbe “archetipi”. Come bene spiega l’Emerito Sovrano Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia d’Italia, Giovanni Francesco Pecoraro, il mito non è che la versione “narrativa” di quelle “cose” di cui i simboli sono la versione “visiva” ed i riti la versione “drammatica”: quelle cose sono gli archetipi, ovvero le forme pensiero che la specie umana, dai suoi albori, ha assunto, elaborato e sfruttato per incontrare la realtà e riconoscerle significato. I singoli miti, i singoli simboli ed i singoli riti non sono che diverse forme comunicative di medesimi e antichissimi archetipi universali, declinati poi in ciascun tempo e luogo nelle immagini archetipiche che li rendono accessibili in ogni specifica civiltà.


1) Premesso ciò, il primo elemento da osservare è gioco forza il cappuccetto rosso che identifica il racconto, il quale, senza ombra di dubbio, deriva dal berretto frigio che fu di Mitra, eroe solare che inaugura la nuova era uccidendo l’antico toro: esso indica nella protagonista il soggetto di un viaggio iniziatico, finalizzato al sacrificio di una vecchia condizione in vista di un ciclo rinnovato di consapevolezza e di uno stato di comunione generato dal previo riconoscimento di valore alla propria identità. Il rosso è il colore del sangue e del fuoco, del mestruo, dell’erotismo e della volontà ardita: esso associa in sé i significati dell’individuazione e dell’auto-coscienza sessuale. 2) Il secondo elemento da osservare è quello delle tre donne ovvero un’anziana, una madre ed una bimba: dalla greca Ecate alla Diana trivia latina; dalle Moire greche alle Parche romane, alle Norne germaniche, il tema del trittico femminile si rifà alle tre fasi della vita (ingenuità/iniziativa, fertilità, saggezza) nel parallelo con le tre fasi lunari visibili (crescente, piena, calante). La madre di Cappuccetto Rosso è la Dea fertile e Regina, che spinge alla maturazione la nuova generazione con la richiesta di raggiungere il capezzale della saggia rappresentante del vecchio corso: comincia così una peripezia entro la selva oscura, popolata in questo caso da quella specifica fiera che ora valuteremo e cioè il lupo.


3) Nella tradizione europea e per certi aspetti anche mondiale, il lupo è l’animale sciamanico per eccellenza. Nel branco, esso rivaleggia sempre per fare valere la propria individualità eppure in quel branco egli, come ogni membro svolge, una precisa funzione di utilità collettiva: il lupo si pone così a simboleggiare da un lato la costante subordinazione di senso al gruppo e dall’altro, la continua messa in discussione del medesimo gruppo. In Grecia, “lupesco” era un appellativo del Dio solare delle arti, Apollo Liceo, la cui pianta sacra è l’alloro in cui volle trasformarsi Dafne per fuggirlo; nelle fiabe russe, il lupo è sovente l’animale-guida dell’eroe; nel mito italico, la lupa alleva i capostipiti solari di Roma e di Siena; nel mito norreno, una coppia di lupi serve Odino, che è il Dio Sovrano della Saggezza, della Guerra e dell’Iniziazione runica. Per il suo comportamento allo stesso tempo individualista e collettivista, accudente e predatorio, il lupo mantiene costantemente una duplice valenza solare e lunare, la prima legata alla capacità espressiva e la seconda, alimentata dal noto immaginario degli ululati all'astro notturno, alla trasformazione. Nel già citato mito norreno è presente, oltre ai due lupi del Dio Supremo Odino, un terzo lupo, che è figlio del dio dell’inganno Loki: si tratta di Fenrir, il Distruttore di mondi, colui che alla fine dei tempi, durante il crepuscolo degli dèi, ucciderà Odino stesso e divorerà il mondo, producendo involontariamente lo spazio affinché una nuova e migliore realtà possa emergere dalle antiche ceneri. Una lupa è tra le fiere che spingono Dante, autentico Cappuccetto Rosso ante litteram, dentro la Selva Oscura da cui uscirà soltanto dopo essere sprofondato nelle viscere dell’Inferno e quindi riemerso rinnovato; dalla figura mitica di Fenrir, il noto scrittore Michael Ende prenderà spunto per il lupo nero, servitore del Nulla distruttore, lanciato sulle orme del giovane cacciatore Atreiu ne La Storia Infinita, anche lui non a caso rivestito di un mantello rosso e dotato del simbolo di rinnovamento Auryn / Uroboros.


Cappuccetto Rosso si conclude con il cacciatore che apre la pancia del lupo per fare uscire di là sia la bimba, che la nonna insieme, a simboleggiare l’avvenuta associazione tra giovinezza e sapienza come effetto degli eventi trasformativi interpretati dall’ingannevole bosco, dal lascivo lupo e dal suo ventre "fecondo", nonché dall’intervento della controparte maschile costituita da lui stesso. Il cacciatore è l’aspetto positivo del lupo (cacciatore a sua volta) e l’aspetto maschile della Triplice Dea: in tutti i pantheon tradizionali, le divinità della guerra e della caccia sono anche le divinità del parto e della sapienza. In un’interpretazione monoteistica, il cacciatore è lo Spirito che illumina l’anima del fedele dispersa nelle difficoltà della vita; in prospettiva junghiana, egli è Animus che si ricongiunge alla coscienza che si sia presa la briga di morire a se stessa nel confronto con l’ombra.