venerdì 8 aprile 2016

Gnosi e fenomenologia sessuale (7)

Dal momento in cui si riconosce all’uomo l’esigenza di trovare un senso per le proprie azioni, proporzionalmente all’affinarsi della sua coscienza, appare anche possibile stilare, sebbene sempre per sommi capi così come conviene ad ogni generalizzazione, una ricomprensione in chiave “psico-evolutiva” della fenomenologia sessuale nel rapporto maschio-femmina. Si prenderà come “punto zero” della coscienza umana quello animale espresso dai mammiferi superiori, nei quali essa appare come pura “associazione induttiva” tra esperienza, previsione e reazione, finalizzata all’assolvimento degli istinti (che sia negli animali che negli umani assumono “tinte” emotive) di sopravvivenza e riproduzione (ovviamente è il secondo istinto, primariamente, ad essere qui oggetto di riflessione). I mammiferi dimostrano come la programmazione genetica sostenga diffusamente, se non proprio in modo esclusivo, atteggiamenti poligamici nel maschio e monogamici nella femmina: la ricerca etologica ed il dimorfismo sessuale appaiono unanimi nel sostenere una motivazione prettamente funzionale di tale ripartizione, che permetterebbe al maschio d’ingravidare il maggior numero di femmine possibile nel minor tempo possibile ed alla femmina, per contro, di non esporsi ai pericoli in cui la cucciolata incorrerebbe s’essa s’allontanasse dal maschio dominante. Si potrebbe dire che il livello di partenza della relazione uomo-donna sia precisamente quello di ogni altra specie mammifera, espresso nella poligamia di lui e nella rigida monogamia di lei, funzionale alla tutela del nido: in questa circostanza, appare evidente come lui e lei si comportino in un dato modo per l’unico motivo di stare eseguendo un programma biologico. Idealmente (ossia escludendo per motivi espositivi – qui come in tutta la trattazione successiva – tutte le innumerevoli sfumature che soggetti e situazioni reali portano inevitabilmente con loro), l’uomo "che va e viene”, mentre la Sua donna aspetta assoggettata in casa, vivono entrambi sul piano squisitamente animale ed il loro atteggiamento sessuale appare quello di qualunque altro automa specializzato. La condizione degli “ilici” appare quella di chi, convinto d’avere scelto qualcosa, sta invece solamente obbedendo ad una pulsione istintuale di cui neppure sospetta l’esistenza.

Possono essere definiti “psichici” coloro i quali, avendo da soddisfare con un senso la frustrazione causata da un mondo che non risponde alle aspettative delle proprie ampliate cognizioni, accolgono una nozione esterna (ossia sociale) di bene e di male ed a questa insistono nel fare riferimento per le proprie scelte, anche in campo sessuale. La società poligamica patriarcale accontenta sul piano istintuale sia le tendenze maschili, che quelle femminili ed è probabilmente a ciò e non alla forza bruta del maschio dominante, che va attribuito il largo consenso storico-geografico ricevuto da questo modello, per sfuggire alla “naturalezza” del quale è necessario sviluppare una percezione di coscienza superiore al livello etologico di partenza. L’uomo istintivamente poligamo, che si trovi a vivere in una società che proponga modelli monogamici di coppia, svilupperà con naturalezza una condizione nevrotica dovuta alla scissione interna fra gli istinti ed il controllo volitivo socialmente indotto. Più la scelta monogamica sarà accolta dal maschio a seguito d’una sua adesione cosciente ai valori sociali (più – cioè – egli sarà sinceramente persuaso della bontà del modello socialmente imposto), più la nevrosi si manifesterà gravemente, in quanto più vasta risulterà la “frattura” tra il suo percepito cosciente e le pulsioni sessuali profonde: essa si manifesterà come senso di colpa sia nel caso avvertito come “più lieve” di pensieri poligami istintivi, che in quello ritenuto “più grave” di un effettivo “cedimento” del soggetto ad episodi di sessualità fuori dalla coppia socialmente riconosciuta; per contro, tale modello potrà risultare vantaggioso per quei maschi che, custodendo un’indole a vario titolo effeminata od addirittura asessuata, potranno trovare nella coppia monogamica una facile scusa con se stessi per la propria scarsa iniziativa sessuale. La donna, che diversamente dall’uomo è generalmente monogama già sul piano animale (almeno nei mammiferi superiori eccezion fatta, pare, per alcuni  scimpanzé denominati “bonobo”), vivrebbe in modo perfettamente conforme al proprio programma biologico il circostante modello sociale monogamico della coppia, ritrovandosi in esso non solo libera dal benché minimo rischio di nevrosi, ma persino del tutto sincera e “logica” nel ritenere assolutamente ragionevole e “giusto” il modello stesso. Da quanto fino qui esposto, si crede sia facile comprendere come, se da un lato la società poligamica implica sempre la frustrazione unilaterale (perdita d’autostima) della donna cosciente oppure il mante-nimento di lei e di lui, insieme, nella condizione etologica, dall’altro la società monogamica implica sempre la coesistenza di un automa (la donna) con un nevrotico (l’uomo), in uno scambio che può apparire umano, ossia propriamente “relazione”, solo in quanto collettivamente riconosciuto. In una società poliandrica matriarcale (ne sussistono oggi dei – non a caso – rarissimi esempi in alcuni sperduti arcipelagi del Pacifico) infine, in cui la morale collettiva proponesse un “harem” di maschi attornianti una femmina dominante, si avrebbe una situazione “ribaltata” rispetto a quanto già ipotizzato per il contesto poligamico: se quest’ultimo esige il mantenimento di maschi e femmine nel livello d’interazione sessuale puramente animale, la poliandria configura il contesto ideale per la disgregazione nevrotica di entrambi i generi, con una crescente frustrazione maschile contenibile solamente grazie al dilagante (e degradante) narcisismo femminile.

La coppia che sarà qui detta “pneumatica” è tendenzialmente monogamica, ma il punto decisivo per il suo riconoscimento non sta nella forma, bensì nella sostanza delle motivazioni. La coppia pneumatica è quella che si forma quando lui e lei giungono alla consapevolezza (non necessariamente razionale: vedi la descrizione junghiana dei tipi psicologici) che gli istinti non possono essere elusi, ma integrati in un percorso evolutivo che abbia come fine ultimo la comunione, ovvero la relazione reciproca in un contesto di “unità nella distinzione nell’ordinamento”. Il motivo per cui la coppia pneumatica è tendenzialmente monogamica sta nel fatto che l’umano pneumatico sa quali limiti comporti l’esistenza nel tempo e nello spazio. L’essere pneumatica/o sa che la distinzione tra sé e l’altro/a è indispensabile alla conoscenza reciproca (e quindi all’incontro), ma anche ch’essa allo stesso tempo tradisce la sostanziale unità di coscienza che unisce l’umanità in quanto tale. L’essere pneumatica/o sa che la propria individuazione è solo una distinzione necessaria al perseguimento d’una unità più consapevole, in cui i generi non siano più reciprocamente ignoti come nel mito dell’androgino, ma uniti “faccia a faccia” come in quello dell’ermafrodito. La coppia pneumatica trova la sua genesi cronologica nell'incontro e quella ontologica nella lotta all’autoreferenzialità dei suoi componenti, che scoprono come sia impossibile, nella carne, essere “tutto in tutti”: la coppia pneumatica è tendenzialmente monogamica perché i suoi appartenenti sanno anzitutto che i loro limiti corporei impediranno loro il percorso d’unificazione che l’altro/a è, se non donandosi specificamente a qualcuno/a cui indirizzare prioritariamente le proprie forze relazionali. La volontà d’uscita dai propri automatismi diviene tutt’uno con la collocazione dell’altro/a come fine e l’una e l’altra divengono il motivo della corresponsabilità di entrambi verso il reale. La questione sessuale smette di porsi nei termini di esclusività/non esclusività, per comprendersi in modo rinnovato nel quadro di un ricollocarsi nel mondo senza padroni e senza proprietà, senza paure e quindi senza aspettative o rivendicazioni separatiste, ma con la chiara luce negli occhi di chi si scopre etico non per il rispetto di definizioni fisse, ma per il commistionarsi consapevole ed autentico con l'altro/a e con l’universo.