giovedì 26 settembre 2013

Vivere per sempre



«  Let's dance in style, lets dance for a while / Heaven can wait we're only watching the skies / Hoping for the best but expecting the worst / Are you going to drop the bomb or not? / Let us die young or let us live forever / We don't have the power but we never say never / Sitting in a sandpit, life is a short trip /The music's for the sad men / Can you imagine when this race is won / Turn our golden faces into the sun / Praising our leaders we're getting in tune / The music's played by the madmen…
Forever young, I want to be forever young / Do you really want to live forever, forever and ever / Forever young, I want to be forever young / Do you really want to live forever, forever young.
Some are like water, some are like the heat / Some are a melody and some are the beat / Sooner or later they all will be gone / Why don't they stay young / It's so hard to get old without a cause / I don't want to perish like a fading horse / Youth is like diamonds in the sun / And diamonds are forever / So many adventures couldn't happen today / So many songs we forgot to play / So many dreams are swinging out of the blue / We let them come true.
Forever young, I want to be forever young / Do you really want to live forever, forever and ever / Forever young, I want to be forever young / Do you really want to live forever, forever and ever / Forever young, I want to be forever young / Do you really want to live forever…»

(ALPHAVILLE, Forever youg, WEA, 1984)

Vivere per sempre, oppure vivere sempre? Qual è realmente la promessa fatta, a chi intraprende la ricerca della felicità? Cosa significa “vivere” e cosa significa “sempre”? Cosa significa “felicità”? “Vivere” significa sopravvivere? Significa essere coscienti di esistere? E l’eternità è forse la durata infinita del tempo o la presenza cosciente ed infinita di ciò che siamo? Cosa siamo allora e cosa può renderci felici? L’appagamento di tutti i desideri oppure di tutti i bisogni?
Viviamo nella perenne consapevolezza di dovere morire: si dice che le bestie non sappiano nulla della morte, eppure anche loro la fuggono. Vogliamo essere qualcuno a cui la terra è tolta da sotto i piedi, qualcuno che vede una ferita nel suo bisogno. Nel bisogno, invece, impariamo qualcosa in più su noi stessi: nel bisogno, riconosciamo l’esistenza di una comune realtà per tutti, che nel suo essere una ci rende possibile confrontarci su di essa aldilà delle nostre singolari prospettive di vita. Infatti, c’è chi muore per un desiderio, ma tutti muoiono per un bisogno: il bisogno ci accomuna, il bisogno ci rivela chi siamo e ci rivela chi di noi ha ragione, quando qualcuno di noi ha ragione. Il bisogno ci mostra la realtà, l’effettiva posizione delle cose rispetto a noi.
Nasciamo soli. Nasciamo per una serie di relazioni ed in mezzo a delle relazioni, ma soli con i nostri bisogni, che ci distinguono dal resto e ci identificano entro i confini della nostra condizione. Eppure, nascere in mezzo e per mezzo delle relazioni rende le relazioni parte integrante dei nostri confini e della nostra felicità: la felicità ci viene incontro ogni qual volta la realtà si rende accessibile a noi; la felicità ci viene incontro nell’altro da noi che ci riconosce. Ogni qual volta ci è possibile relazionarci alla realtà vera e per ciò che autenticamente in quel preciso istante siamo, noi siamo felici. Non soddisfatti: felici. Siamo felici quanto più coincidiamo esattamente, nei nostri reali confini, con la realtà: non prima e non per confini che abbiamo stabilito da noi, con il nostro desiderio. La realtà esiste come qualcosa di preciso, anche nel suo procedere; noi esistiamo come qualcuno di preciso, pure nel nostro costante fluire: la felicità, perciò, è raggiungibile.
Cosa rende così commovente la giovinezza, se non l’avere il tempo per colmare le distanze tra il punto in cui siamo ed i più estremi confini della nostra realtà? Cosa significa essere giovani, se non vivere in un mondo capace di novità, novità che ci facciano vivere nella pienezza del reale?
Essere giovani significa non pretendere nulla dal mondo, ma aspettandosi che il mondo possa offrirci e donarci pienamente a noi stessi: è la giovinezza a vincere la morte e la giovinezza è un modo di vivere (e non di pensare) la realtà. Si smette di essere giovani quando si cerca, si cerca qualcosa che non esiste se non come riduzione dell’immensità della vita alle nostre pretese; si smette di essere giovani quando si smette di vivere in un mondo capace della felicità. Felicità ed eternità sono la stessa cosa, sono pienezza: la pienezza, poi, non è che il senso della vita che si emancipa dalla prigione angusta delle idee, per ritornar ad essere tutt’uno con la vita stessa. E’ perciò che il paradiso può attendere, anzi, può anche andare al diavolo.