lunedì 15 luglio 2013

Nuove parole



« Noi che sappiamo ingannevole il nostro linguaggio, che non abbiamo risparmiato sforzi per raggiungere la patria del vero linguaggio, la dimora degli dèi, la Terra senza il male, dove mai sarà ospitato un dio che sia solamente un dio, né un uomo che sia solamente un uomo, perché nulla di ciò esiste può essere detto secondo l’Uno. »

(C. Nimuendaju, in GALIMBERTI, La terra senza il male, p. 25)

Le parole nuove sorgono da un accesso nuovo alla realtà. Trovano senso nel silenzio, come un’armonia che trovi senso nelle pause, negli intervalli, negli accenti: nei tempi, ma anche nelle relazioni. Ecco, le parole hanno senso nelle loro relazioni, nelle relazioni in cui sono scritte e poi lette. Parole nuove non son quelle capaci di dire l’indicibile, ma quelle che offrono l’occasione di cogliere quanto di indicibile ci sia in esse. Come le realtà possono essere svilite nei concetti, così la parola può ridurre ciò che insegna a sé, oppure rimandare da se stessa alla realtà che l’ha incontrata. La parola può essere scritta e letta didascalicamente od allusivamente, perciò le nuove parole sono le parole che godono di una nuova relazione con le cose, con chi le annuncia e chi le ascolta: non esistono nuove parole senza nuova umanità, infatti. Nuove parole e nuova umanità si sostanziano a vicenda, così come le cose si sostanziano a vicenda: nasce prima l’uovo o la gallina? Solo un povero filosofo ha bisogno di dare risposta a ciò che non è un interrogativo, ma una spiegazione.
L’umanità può interrogarsi su se stessa o far esperienza di sé come qualcosa in cui convergono le mille realtà della realtà: vivere senza cercare il senso di se stessi, ma scoprendosi in ciò che si prova, si fa e si subisce, è vivere davvero. Trovare il proprio punto di continuità nel convergere soggettivo di tutto ciò che genera al mondo l’umano, è generare il mondo a sé grazie al logos delle nuove parole: parole e logos per i quali “nulla di ciò esiste può essere detto secondo l’Uno”, perché l’Uno è il concetto, è un IO che si postula a prescindere per poi significarsi cercando le conferme ad un se stesso ch’è già stato postulato, ch’è già stato definito. La ragione ristretta indaga partendo da sé, per decidere da sé cosa sia vero e cosa non plausibile, chiudendosi alla possibilità del nuovo; l’umanità del vecchio logos, delle vecchie parole, è l’umanità che soffre quando le cose non vanno com’essa le aveva programmate, postulate, desiderate: l’umanità delle nuove parole, abitatrice della “terra senza il male”, la “terra degli dèi”, è l’umanità che incontra se stessa in ciò che sperimenta di se stessa nella relazione col resto, che è altro da essa e nella reciprocità con essa si sostanzia, sostanziando a sua volta l’umano. Solo allora il dolore resta, senza diventare male agli occhi: soltanto allora un falegname, che muore in croce, può essere riconosciuto come Figlio di Dio.

BIBLIOGRAFIA di riferimento:


CASTILLO J. M., Dio è la nostra felicità, Cittadella, Assisi 2008;
CONTRI G. B. (a cura di), Mosé Gesù Freud, SIC, Milano 2007;
GALIMBERTI U., La terra senza il male, Feltrinelli, Milano 2009;
GIROMETTI C., Essere Intellettuale, in Vita Beffarda, BlogSpot, 1 Luglio 2013;
HUME D., Trattato sulla natura umana, in Opere filosofiche, Roma-Bari, Laterza, 1987, vol. I;
LACAN J., Petit discours à l’O.R.T.F. (1966), in Autres Écrits, Édition de Seuil, Paris 2001. Trad. it.: M. DAUBRESSE, Piccolo discorso all’ORTF (1966), «La Psicoanalisi», n. 19, Roma 1996;
MORALDI L. (a cura di), I Vangeli gnostici,  Adelphi, Milano 2007.

2 commenti:

  1. Le implicazioni di una nuova prospettiva sono straordinarie, per quanto allo stesso tempo banali. Nell'approcciarsi amoroso ad un'altra persona, ad esempio, il passaggio dalle parole vecchie dell'IO, alle nuove parole del sé che si riceve donato dalla realtà, significa smettere di cercare nell'altro ciò che già si ha in testa e godersi la sorpresa, anche terribile a volte, di lasciarsi ridisegnare dal nuovo che nell'altra si incontra: senza con ciò annullare se stessi appunti, ma nello scoprirsi come dono a sé della realtà, che di volta in volta si rinnova.

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  2. Un chiarimento. Il percorso di riqualificazione del pensare e del vivere che mi sta portando ad indagare ciò che in questo blog si legge, nasce dal lavoro che portai avanti per redigere la mia tesi di laurea. Potendo interessare a qualcuno, l'indagare sui requisiti filosofici che mi stanno ora portando "al largo", rendo qui pubblico il link per la lettura del mio lavoro:

    http://www.youblisher.com/p/532794-Il-recupero-del-corpo-nell-incontro-con-il-reale/

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