martedì 23 luglio 2013

Guarda che Luna



C’è qualcosa di immorale, nel trattare la Luna come un sasso: si perde qualcosa in umanità, come se parlando della mamma si dicesse “è un vertebrato”. L’esperienza esistenziale della Luna non ha niente a che vedere coi crateri, con le sonde di ricerca e con le bandierine americane: non ha nulla a che vedere con i minerali, con le tracce d’acqua e gli esperimenti di terraforming. Quando la sua pancia si gonfia, la venerea lattuga “va in cima” e le maree si gonfiano come le acque di un parto: non si riesce più a passare da una scogliera all’altra ed i capelli acconciati tengono meno il taglio. Quando il suo radioso volto splende, non c’è bisogno di torce per ristorare le piante dall’arsura del giorno, dopo il tramonto; le terrazze brillano di luce argentea e i conigli corrono vitali di energia crepuscolare; aprire la catena della bici è più semplice anche nel buio e se lo sguardo si ferma a guardarla, ne è rapito e trasmette al cuore la voglia d’essere migliori.

Sei la Musa. Il mio sguardo trova in te riposo dalle miserie di questa terra e dalle fatiche di questo giorno. Nel tuo grembo trovo pace assieme alle creature della notte e lasciandomi avere da Te, le cose piccole di me son consolate da un respiro più ampio. La morte non fa più paura, Mamma. Amante mia e mia sposa, specchio caldo del mio cuore ardente, pur in placida distanza dalla vita in cui mi trovo. Maestra del fluire e del tornare delle cose, madre dell’attesa ed assassina della mia potenza. Sede della speranza e della rinuncia, Luna, chioma fulgida in cui la mia passione si scioglie nell’oceano dei significati: ti amo. Ero tuo prima ancora di conoscerti, prima ancora di averti: per un richiamo così vivido in me, da sempre, che ora tu porti alla luce del tuo Argento. Ora riconosco la bellezza, ora colgo il valore senza dare valore alle cose. Non vedo sassi in te, ma la follia di chi in te vede soltanto pietra. Nell’alternarsi di luce e di ombre, talmente indifferente ai miei tempi e alle mie voglie e alla mia sete d’amore, tracci ancora nel mio essere una strada che già c’era: avrò la forza di percorrerla? Le lusinghe della “pace” sono forti: non quella come Tu la dai, ma come il mondo la promette: non la pace della luce e delle ombre sopra i giusti e sugli ingiusti, ma quella di un fiammifero scambiato per sole. Che fatica, Luna. Tu splendi e intimorisci perché esisti come sei: che bello.

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