domenica 5 marzo 2017

Cristianesimo e simbolo. III costituzione (2/3)

Al termine della prima parte di questo articolo, abbiamo riassunto le posizioni preliminari di Paolo riguardo la questione sinottica, ovvero: 1) che i primi testi ad essere redatti del NT sono lettere di Paolo, il quale non conosce personalmente Gesù, non conosce nulla della biografia di Gesù, riferisce il suo mandato (ben 8 anni dopo la morte di Gesù) direttamente al “risorto” e sarebbe in rotta con i cristiani della prima ora non tanto a causa del suo predicare ai pagani, approvato da Pietro (Atti XI, 1-18), ma a causa del modo, ovvero anzitutto a causa della sua totale noncuranza delle indicazioni date da Giacomo al cosiddetto Concilio di Gerusalemme (l’evento in cui si decise per la non imposizione della legge mosaica ai pagani convertiti, ma anche per l’estensione a tutti del divieto alle carni immolate, al sangue e all’impurità; cfr. At XV, 23-29); 2) Paolo inizia la sua carriera professando l’imminente ritorno del Signore che salverebbe chi credesse in Lui ed invitando alla santificazione personale, poi corregge il tiro invitando i credenti a riprender a lavorare e passando, dalla semplice idea della fede salvifica in Cristo, alla più complessa dottrina del peccato originale; 3) tra i vangeli, i primi a prodursi sono i sinottici e tra essi, per primo pare emergere Mc riportando i racconti di Pietro, testo dal quale poi Mt e Lc prenderebbero ispirazione, unitamente a una presunta fonte Q di soli detti forse perduta e forse identificabile col Vangelo (apocrifo) di Tommaso.


Volendo comprendere la struttura del NT, mi protrarrò ora a recuperare la storia di Marco attraverso le Scritture, per lasciar ad altra sede la discussione circa l’evoluzione del pensiero paolino ed il rapporto fra quest’evoluzione e la stesura dei sinottici. In Mc, l’identità di Gesù é un mistero che si esprime nella sua vita: egli mostra una completa signoria sulle forze della natura, sulla Legge, sui demoni, sulle malattie ed anche sulla morte. Di Marco sappiamo che è un ebreo di Gerusalemme che ha nome Giovanni: Marco è il suo secondo nome latino, a volte è chiamato Giovanni, a volte solo Marco, a volte Gian Marco. È figlio di Maria, una ricca vedova che diventa seguace di Gesù, presso la quale Pietro trova rifugio dopo la sua miracolosa scarcerazione (At XII, 12-17). In Atti XII, 25, il cugino di Marco, un altro credente illustre di nome Barnaba, arriva a Gerusalemme da Antiochia, portando con sé Paolo:  Marco parte con loro, ma ad un certo punto, la collaborazione subisce un arresto in quanto, mentre Paolo e Barnaba proseguono, il nostro sceglie di tornare a Gerusalemme (At XIII, 13); alla vigilia di un viaggio successivo, la discussione circa la riammissione di Marco produce la separazione di Barnaba da Paolo (At XV, 36-41). 


Il rapporto fra Paolo e Giovanni Marco dev’essersi (secondo il NT) ricomposto: nella Lettera a Filemone, uno dei primi e più corti testi del NT, ai vv. 23-24 dell’unico capitolo, Paolo parla di Marco come di un suo collaboratore, il quale si troverebbe con lui a Roma assieme ad Aristarco, Dema e Luca; nella lettera ai Colossesi, egli invita questi ad accogliere bene Marco quando arrivasse da loro come suo emissario. Per una serie di concordanze fra la lettera a Filemone, la lettera agli Efesini e la lettera ai Colossesi (tutte scritte prima di Mc e prima di At: «Il recapito della lettera fu affidato da Paolo a Tìchico e ad Onèsimo, cfr. Col IV, 7-9. Tichico doveva anche, nel corso di questa stessa spedizione, consegnare l'epistola destinata agli Efesini, cfr. Ef VI, 21. Quanto allo schiavo Onesimo, egli doveva, su ordine di Paolo, tornare dal suo padrone Filemone e consegnargli la lettera che l'apostolo aveva scritto proprio per lui, cfr. Fm 12; 21» - Wikipedia), sappiamo che la citata collaborazione romana fra Paolo e Marco risalirebbe al 60-62 d.C. Pietro, secondo la ricerca, sarebbe morto tra il 64 ed il 67 d.C. e la sua prima (ed unica oggi attribuitagli) lettera, datata attorno al periodo della sua morte, conclude così: « La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta » (V, 13). Si è già visto come «Eusebio di Cesarea [nel suo Storia Ecclesiastica, vv. II, 15; III, 40; VI, 14] accenna… alla testimonianza del vescovo Papia di Ierapoli e Clemente di Alessandria secondo i quali Marco scrisse il suo Vangelo a Roma su richiesta dei cristiani di quella città, che desideravano una testimonianza scritta degli insegnamenti di Pietro e dei suoi discepoli; questa notizia è confermata da Ireneo di Lione [Contro gli Eretici, v. III, 1]» (Wikipedia); si è vista ora la cronologia interna al NT circa i fatti: proverò quindi a tirare le somme per quanto riguarda la stesura di Mc, per proseguire poi, nella terza parte di questo articolo, con un breve sommario dell’evoluzione dottrinale nel NT non secondo l’ordine canonico dei libri, ma secondo quello temporale delle loro date di redazione.
 
https://it.wikipedia.org/wiki/Pala_di_Pesaro

La mia ipotesi sulla questione sinottica è questa: il primo vangelo ad essersi formato è Mc. Se a Marco fu richiesto dai romani di mettere per iscritto la testimonianza di Pietro, significa che i romani erano al corrente che Marco la conoscesse e questo è ragionevole, dal momento che Pietro aveva dimostrato d’avere così tanta confidenza con casa sua a Gerusalemme, da recarvisi dopo una fuga dal carcere. Mi pare lecito pensare che, dopo il litigio con Paolo, Marco sia tornato appunto a Gerusalemme presso la madre e presso, ovviamente, la comunità giudeo-cristiana capeggiata da "suo padre" Pietro e da Giacomo "fratello di Gesù". Mc è scritto nella cattività paolina di Roma, coevo alle lettere a Filemone, Colossesi ed Efesini; nella Lettera a Timoteo (65 d.C. c.ca), Paolo cita fra i suoi collaboratori il solo Luca, segno che i già presenti Marco, Aristarco e Dema se n’erano andati, col primo probabilmente diretto a Babilonia assieme a Pietro. Pietro, secondo questa ricostruzione e cioè secondo le testimonianze del NT, non sarebbe mai stato a Roma ed anzi, la tradizione romana che associa Pietro a Paolo sarebbe dovuta proprio all’opera redazionale di Marco. Il testo di Mc sarebbe rimasto ai romani, presso i quali avrebbe subìto alcune modifiche tra cui, la più eclatante, pare l’aggiunta del finale; sarebbe rimasto presumibilmente anche nelle mani di Marco e giunto con questi in Palestina dove, avendo incontrato altri scritti locali riportanti raccolte dei detti di Gesù, avrebbe fornito la base per la stesura di Mt; sarebbe rimasto ragionevolmente anche nelle mani di Luca il quale, rientrato forse a ridosso della morte di Paolo (collocata attorno al 67 d.C.) o qualche tempo dopo Marco, Aristarco e Dema, sarebbe anch’esso giunto a contatto con la redazione cosiddetta Q e/o finanche con Mt, producendo finalmente un’ulteriore sintesi, comprensiva di alcuni elementi originali raccolti da lui stesso.

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