venerdì 19 febbraio 2016

Dualità, conoscenza e libertà (4)



Tutto è coscienza. Non può esistere ciò che non si manifesta e non esiste manifestazione senza la capacità di percepirla d’un senziente: «appaio alla coscienza di qualcUNO, quindi sono». La coscienza che tutto regge, in quanto “coscienza”, appunto, si trova nella condizione di conoscere e cioè di far esperienza di ciò che regge: non può far esperienza del bianco se non in contrapposizione al nero (e viceversa); non può far esperienza del maschio se non in contrapposizione alla femmina (e viceversa). Le apparenze originarie (archetipi) che manifestano l’Universo alla coscienza che lo regge, sono sette e divise in 3+1 macro-gruppi: l’essere e il non-essere (asse della energia, a cui si riferiscono in musica l'intensità della nota ed in astrologia le case, per intendere); il prima e il dopo (asse del tempo; altezza, segno); l’io e l’altro (asse dello spazio; timbro, posizione dei pianeti); il cuore (analogicamente inteso sia come “unità” [androginia/tesi, il Padre], che come “mediazione” [polarità/antitesi, il Figlio] che come comunione [ermafroditismo/sintesi, lo Spirito Santo]). L’Universo che si regge sulla coscienza è per forza duale, poiché la coscienza stessa che appunto lo regge non può darsi senza conoscere e la conoscenza, a sua volta, non può darsi senza corrispondenze ed altresì senza contrapposizioni tra i conosciuti; ma l’Universo duale resta intrinsecamente Uno come la coscienza che lo regge: è questo il motivo per cui l’Essere stesso è analogico: uno per tutti ed insieme distinto per ciascuno degli enti che esistono.

La dualità del reale, oltre ad essere inevitabile data l’esistenza stessa delle cose, si pone anch’essa davanti alla coscienza con un duplice aspetto: quello di “occasione” di conoscenza (e quindi di funzione dell’Essere) e quello di “impedimento” alla conoscenza (e quindi di “prigione” per l’Essere). La dualità del reale è quindi, letteralmente, il ri-VELARSI  della realtà alla coscienza che la regge. La coscienza che regge il reale, davanti al rivelarsi di questo, da un lato “acquisisce” (NON in termini cronologici) conoscenza e la facoltà di reggere il reale; dall’altro, prende coscienza del reale in termini separativi e “dimentica”, per così dire, la propria autentica natura di “reggitrice” dei mondi.

Lo spirito libero è capace di distinguere tra il bene ed il male e di agire, però, aldilà del bene e del male. Ogni scelta, in quanto necessariamente legata al manifestarsi duale dell'Universo, implica un “parteggiare” nel vero senso della parola: è un atto necessa-riamente imperfetto, in quanto mutilatore dell’Essere ed autoreferenziale. Non esiste scelta senza autoreferenzialità e non esiste possibilità di non scegliere. Quello che è possibile fare, dato che la coscienza è allo stesso tempo l’origine (in senso ontologico e non cronologico) ed il prodotto del manifestarsi duale della realtà, pare proprio l’esercitarsi nell’orientare le scelte, costantemente, verso la “parte” apparentemente "più relazionale" delle circostanze: di modo che, una coscienza addestrata a concepirsi come distinta e insieme "unita" all'alterità, sappia di volta in volta e sempre meglio affrontare la realtà, da un lato riducendo progressivamente la porzione di mondo ad essa ignoto e dall’altro adeguando progressivamente le scelte alla realtà di cui avrà ricevuto la rivelazione. L’unica soluzione pare quella d’ “individuarsi reintegrandosi”, tendendo NON a risolvere i problemi, ma a manifestarsi sempre meglio al mondo come vera Coscienza.

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