sabato 17 ottobre 2015

Armiamoci e partite

Certamente la gerarchia del clero cattolico è dottrinalmente definita in ordine al servizio, secondo i due principii della solidarietà (aiuto "orizzontale" tra i pari, ossia tra coloro che condividono lo stesso livello gerarchico) e della sussidiarietà (aiuto "verticale" dei superiori all'evoluzione degl'inferiori). Ciò nonostante, sempre di una gerarchia si tratta e non potrebb'essere altrimenti, dal momento che la società cattolica è una società tradizionale intrinsecamente iniziatica.
Per società iniziatica s'intende, genericamente, una società in cui solo chi sia già dentro e/o chi sia già più avanti nel percorso, possa essere preposto all'ammissione e/od all'evoluzione di aspiranti e neofiti: introduzione ed evoluzione che, sul piano almeno teorico, per il Cattolicesimo vanno intesi in seno alla relazione personale col dio, alla dottrina, alla comunità, all'ordine ed alla carità.
Davanti al suddetto "panorama", appare sconcertante la "piega" presa pubblicamente dall'attuale pontificato, modus testé adottato (pedissequamente e con alterne intelligenze) in numerose parrocchie: da per tutto emerge un rincorrersi di "fuochi d'artificio" d'innovazioni e di apparenti democratizzazioni del "sistema".
Qui si rimpiange il prete autocratico senza il permesso del quale niuna foglia poteva essere mossa nell'ambito della parrocchia: prete spesso burbero e più spesso pedante, ma che incarnava certamente il suo mandato simbolico meglio degl'attuali saltimbanchi, che, in ossequio al mondo, accrescono di meraviglie (tali o presunte) il "piano dell'offerta formativa", per trascurare l'essenziale didattico.
La Chiesa non può democratizzarsi senza perdere la propria natura antropologica, iniziatica, supernaturale: qualcuno è di fatto venuto prima, qualcuno di fatto ha un ruolo, qualcuno di fatto elargisce. Se le cose stanno come qui si afferma, allora l'attuale deriva democratica non lascia che due alternative: o è autentica e distrugge la Chiesa oppure è falsa e quindi ipocrita, populista ed opportunista, in quanto tesa a coinvolgere i laici quel tanto che basta (come sempre, giustamente almeno sul piano simbolico, è stato) a sollevare il clero di quei compiti cui le sue forze non riescono più ad ottemperare, salvo fare scendere loro ancora dall'alto (per fortuna, almeno sul piano simbolico: il problema qui denunciato è di malafede) tutto ciò che davvero conta della conduzione ecclesiale. Lo disse già Pasolini: scendendo a patti con la democrazia, la Chiesa si vende l'anima.

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