domenica 4 settembre 2016

Unità, distinzione e comunione

Per affrontare il tema misterico (e non banalmente “misterioso”) della Santissima Trinità secondo una lettura iniziatica, ovvero esoterica (dove per esoterismo s’intende l’indagine delle relazioni filosofiche tra i simboli tradizionali), pare anzitutto necessaria una premessa sulla distinzione che la Scienza Sacra opera fra le nozioni di numero e di cifra. La cifra è uno strumento quantitativo di calcolo; il numero è un simbolo (e in quanto tale intrinsecamente qualitativo) di ordine ontologico: per fare un esempio, se sul piano del calcolo 1+1=2, sul piano ontologico 1+1 è un’operazione impossibile ed il 2 non si dà come somma dell’Uno con se stesso, ma come duplice interpretazione del medesimo principio (come se 1:2=2). La matematica è scienza della cifra ed indagine della forma, la quale, se da un lato può essere assunta a simbolo della sostanza, pure non coincide con essa; la numerologia è Scienza Sacra e cioè indagine diretta della sostanza. Usando la numerologia pitagorica, la geometria euclidea associa l’Uno al punto immateriale e originante la materia; il Due al segmento compreso fra due estremi; il Tre alla figura piana del triangolo; il Quattro al solido tetraedro. In termini ontologici, le lezioni della numerologia pitagorica e della geometria euclidea potrebbero essere raccontate come segue: l’Essere (Uno), costituito nella coscienza come sostanza in relazione ad una forma (Due), può essere colto intellettualmente nel principio di analogia (Tre) e sperimentalmente nella materia (Quattro). In termini hegeliani, si potrebbe dire che l’esperienza storica (Quattro) sia il contesto di svolgimento del processo di tesi (Uno), antitesi (Due) e sintesi (Tre). In termini junghiani, si direbbe che l’uomo possa strutturarsi (Quattro) pervenendo al Sé (Tre), tramite il superamento dell’inconscio collettivo (Uno), grazie all’Individuazione (Due). Il modello pitagorico offre chiarimenti importanti sul valore iniziatico di alcune mitologie, da quella alchemica a quelle greca e giudaico-cristiana.


Per quanto riguarda il mito greco, nell’articolo precedente si è già spiegato il valore ternario ed ontologico di Atena, che sarà ora ripreso nel contesto dell’attuale trattazione. Venendo direttamente al tema ed eludendo per ora la discussione sulle corrispondenze fra i dodici déi olimpici di terza generazione (Zeus; Poseidone; Ade; Era; Demetra; Estia = sei) e di quarta (Ares; Efesto; Apollo; Atena; Afrodite; Artemide = sei), con i dodici titani (sei maschi e sei femmine) di seconda generazione, si può porre l’attenzione su Zeus ed i suoi primi tre figli: la coppia di gemelli d’oro e d’argento, Apollo e Artemide, nonché la tritogeneia Atena. Zeus, il principio unificatore (Uno) del mondo divino (sfera celeste delle idee), si “dualizza” riproducendosi con Leto, una titano (sfera ctonia del costruire) appartenente alla generazione precedente. Leto, che nel mito ha abilità pratiche simili a quelle del fabbro Efesto, è contraddistinta come donna gravida inseguita dal serpente Pitone, che intende mangiarne i pargoli alla nascita (cfr. Ap XII, 1-3). Il serpente, a causa della sua forma fallica e della proprietà di penetrare la terra, è da sempre il simbolo maschile della comprensione, della coscienza e del manifestarsi del reale alla coscienza: come già detto altrove, molteplici serpenti possono indicare le apparenze ingannevoli del reale, mentre un unico serpente può simboleggiare sia il principio d’unità che salva dalla confusione, che il rischio di separazione del reale cui s’incorre nel processo del conoscere. Nel caso della caccia a Leto, il serpente pare essere una proiezione dell’aspetto per così dire “reazionario” dell’unità divina, la quale tenta di fermare il processo di comparazione che la coscienza innesca nell’incontro con la materia. Leto partorisce Artemide ed Apollo che, tra gli altri modi, in questo caso possono essere “letti” rispettivamente come gli aspetti pulsionale e logico della coscienza umana. Apollo e Artemide sono gemelli (Due) e per proteggere la madre (Quattro, l’esperienza terrena) uccidono il serpente (Uno, l’indistinzione): solo la distinzione fra gli enti permette alla coscienza di sperimentarsi. Atena è l’ultimo “anello” della catena iniziatica, è la tritogeneia, ovvero la terza generata: come già detto altrove, Ella costituisce il punto di sintesi tra forma e sostanza; il Suo scudo (l’egida) è il velo del tempio che protegge l’unica realtà (divina) attraverso le disorientanti apparenze (i serpenti della gorgone sullo scudo).


Nel Vecchio Testamento, il modello si ripropone nei tre luoghi dell’Eden (Uno, indistinzione del sentire della creatura –androgina- col sentire del creatore YHWH), della tenda di convegno nel deserto (Due, l’elemento d’individuazione d’Israele rispetto agli altri popoli, grazie alla presenza di un elemento divino –shekinah- e di uno materiale –l’arca-) e della terra promessa (Tre, luogo di prosperità del popolo posto fisicamente nel tempio e moralmente nella ruah divina che ispira la guida dei profeti, cfr. Lv XXVI, 12. In termini cristiani, in vece del territorio fisico si ha la Gerusalemme Celeste della fine dei tempi).


Comprendere la Santissima Trinità cristiana dovrebbe ora risultare più agevole e meglio collocabile in un sistema iniziatico di realizzazione del divino (piano pneumatico), anziché di adorazione sui piani supplice (ilico), piuttosto che etico (psichico). Il Padre eterno (Uno), sperimentabile direttamente nel Figlio (Due, vero dio e vero uomo) nato da una vergine (Quattro), offre la comunione a sé come vita nello Spirito Santo (Tre). Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il solo Dio, l’Essere, a cui non esiste alternativa e che quindi proviene da se stesso, va verso se stesso ed è pertanto unico ed eterno; il Padre è la personificazione del principio, dell’Essere stesso il quale, essendo diretto a se stesso, si pone alla coscienza come direzionato, cioè dotato di volontà personale; il Figlio è la personificazione del Logos, ovvero dell’intelligibilità (l’ordine visibile) dell’Essere attraverso la comparazione fra gli enti (la coscienza umana si distingue ed incontra l’altro-da-sé solo per confronto, come ricordano Hegel e Levinas –cfr. anche il vangelo di Filippo 11-12). Lo Spirito Santo, nelle varie qualità ad esso attribuite dal dogma exoterico, è la personificazione di diverse istanze: è l’Essere come movente della realtà (senso), il metodo per vivere la realtà nell’Essere (agape), nonché il fine della realtà (comunione); è la chiave di lettura con cui cogliere il logos onde risalire dal molteplice all’Uno, ovvero è la luce; è il procuratore di pace, ovvero il risolutore del dualismo, ovvero il principio d’analogia già posto in evidenza dall’Aquinate; è il paraclito, ovvero il difensore e dell’autenticità dell’esperienza e dell’unicità della matrice ontologica del reale. Lo Spirito Santo è Atena, è la ruah, è la terra promessa, è la Gerusalemme Celeste, è la vita di Dio che risiede nell’uomo-tempio. Alla luce di quanto testé indicato, è possibile rileggere efficacemente il cosiddetto paradigma di Calcedonia, la formula con cui la dottrina cristiana descrive i rapporti cristologici fra le nature divina ed umana del Salvatore: esso recita “unità nella distinzione nell’ordinamento” ed indica non soltanto la meccanica interna della comunione, ma anche il modo di porsi della coscienza rispetto ad essa. La meccanica comunionale sta nel principio d’analogia, per cui l’unità sostanziale dell’Essere non riduce a mera apparenza la pluralità delle forme, mentre quest’ultima non sconfessa tale unità, in quanto ad essa sono “gerarchizzate” ontologicamente le apparenze stesse; la coscienza, vivendo sperimentalmente l’unità dell’essere nella comparazione fra gli essenti, gerarchizza verso se stessa e la realtà esperita e la realtà compresa e la reciprocità fra sé ed il reale.

1 commento:

  1. Per approfondire: http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Voltaire/Dizionario.pdf

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