domenica 24 luglio 2016

6. Un due tre stella



Come in un passo tripartito di valzer (partenza davanti a sé col piede destro, movimento diagonale del piede sinistro e ricongiungimento ortogonale laterale del piede destro), cui segue la pausa che precede il rinnovo del ciclo, così anche il procedere nella lettura simbolica avviene con una stratificazione successiva di comprensioni (valore narrativo, valore etico, valore anagogico), intervallate fra loro da una revisione del quadro generale (quale senso?) e composta ciascuna dai tre momenti del pensare (quale immagine?), dell’agire (quali analogie?) e del cogliere (quale contesto?). Si è già mostrato, negli articoli precedenti (1; 2; 3; 4; 5), come la coscienza necessiti di articolarsi attraverso i tre parametri dell’energia, del tempo e dello spazio, per trovare il senso in cui rispecchiare ed insieme plasmare, per così dire, se stessa: come l’alto ed il basso sono poli di uno stesso parametro energetico; come il prima ed il dopo sono poli di uno stesso parametro temporale; come l’io e l’altro sono poli di uno stesso parametro spaziale; come energia e tempo e spazio sono tre parametri d’uno stesso percepire, così anche il pensare, l’agire ed il cogliere, in direzione di un senso unificante, sono intesi nel simbolismo come “momenti” di uno stesso evento che è l’Essere.


Il simbolo volgarmente chiamato PAX (e l’omega?) o bene che vada CHI RHO (e le due lettere laterali?) si pone come una sintesi perfetta di quanto appena ricordato. Il suo nome è ἄρχω, ovvero “principio”, inteso sia in termini cronologici (sul piano epistemologico) che ontologici (sul piano cosmologico). Solo per indicare i dati utili a questa sede, ecco che il rapporto fra il cerchio ed i simboli interni ricorda la relazione fra realtà eterna ed esperienza storica ed in ciò, allo stesso tempo fra realtà esterne e percezione soggettiva; il rapporto fra le due lettere laterali ed il chi rho centrale ricorda la procedura con cui si realizza storicamente l’esperienza (vedi sopra); il rapporto fra la croce solida e l’ansa ricorda l’esigenza di tornare a se stessi a conclusione d’ogni fase conoscitiva. Il ruolo della coscienza, nella reciprocità che la lega al mondo, si delinea nella necessità di conoscere se stessa per conoscere il resto (se la realtà è colta col filtro di ciò che siamo, solo sapendo ciò che siamo possiamo interpretare e quindi conoscere davvero ciò che sperimentiamo); di conoscere il resto per avere chiara se stessa; di conoscere, per essere; di essere, perché è nel suo esistere che esiste il mondo. Emerge un contesto nel quale, per la coscienza, conoscere la realtà esterna è in realtà un addentrarsi nel fitto labirinto di se stessa; emerge un contesto nel quale, per la coscienza, ascendere alle realtà superne è in realtà uno scendere nelle profondità che reggono l’apparire.


Ciò ch’è valido per l’esperienza tout court appare, in ottica simbolica, ovviamente valido per ogni tipo di esperienza, da quella appunto di sé, a quelle antropologica, religiosa (vedi articolo precedente), affettiva, educativa: il principio “marcia” sempre a passo di valzer, da due piedi uniti che si separano e si riunificano in tre tempi avendo però, nel frattempo, compiuto un tragitto. Sul piano antropologico i passaggi del pensare, agire e cogliere, vanno a delineare nel pensiero gnostico delle corrispettive categorie di umanità: sono detti pneumatici (cripta) coloro che sono guidati dalla ricerca di senso e vivono nella relazione fra essere e apparire, per cui affrontano l’esperienza procedendo correttamente per tutti e tre i momenti del formulare un progetto, porlo in attuazione, raccoglierne gli effetti e quindi cominciare un nuovo ciclo previa revisione; sono detti psichici (basilica inferiore) coloro che sono guidati dalla ricerca etica e vivono nella frattura fra bene e male, per cui affrontano l’esperienza procedendo non dal primo, ma direttamente dal secondo passaggio, quello dell’azione considerata giusta, che verrà valutata e quindi ricalibrata in relazione agli effetti approvati o rifiutati che avrà sortito; sono detti ilici (basilica superiore) coloro che sono guidati dalla ricerca pulsionale e vivono nella paura del bisogno, per cui affrontano l’esperienza procedendo direttamente dall’ultimo passaggio, dal tentativo di soddisfazione a prescindere da tutto, valutando l’esperienza in stretta relazione a quanto la manovra di accaparramento sia risultata efficace.


Lo schema tripartito che si sta esponendo, nel contesto di un’antropologia esoterica, non solo viene impiegato (secondo il suddetto modello gnostico) per identificare macro-gruppi di umanità, bensì per illustrare l’uomo nella sua struttura unitaria e relazionale, ad intra e ad extra. La triquetra celtica illustra in modo efficace l’interazione sull’uomo di infinito (cerchio) e finito (petali); materialità (quadrati) e spirito (triangoli); introversione ed estroversione. I tre petali del corpo (sensorialità), della mente (intelletto) e dell'anima (emotività) s’intersecano fra loro nel cuore (intuizione) e sono intersecati insieme dallo Spirito (cerchio), che costituisce anche il limite rispetto al quale le facoltà umane possono esercitarsi. Solo nella parte esterna al cerchio, i tre petali ed il centro hanno un rapporto analogico di somiglianza che supera la stretta interdipendenza “meccanica” costituita dal loro involontario sovrapporsi: ciò nonostante, il cerchio stesso separa e mette in relazione le aree ad esso esterna ed interna, costituendo tra esse una contiguità che è parte integrante del simbolo. La frattura umana, nell’ottica della triquetra, sta nella rimozione di una delle sue parti: una vita spesa nel tempo è per forza spesa anche nello spazio ed appare quindi naturale che ora il soggetto si trovi sbilanciato verso una parte del simbolo, piuttosto che un’altra; come un moto di pendolo, è l’oscillazione fra i due poli a dettare nel tempo la determinazione del centro. Il moto della coscienza, come quello del valzer, consiste nel percorrere tutta la “sala” a passi di tre+1, per ritrovarsi infine alla posizione di partenza, ma avendo con+diviso con l’alterità l'esperienza del ballo.

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