martedì 29 marzo 2016

Essere ed "essere per" (6)

Come sappiamo i sentimenti, cioè i veri “motori” dell’agire umano, sono sostanzialmente l’espressione di un qualche istinto, tant’è vero che, in una coppia, paiono indispensabili ad entrambi per scegliere proprio l’altro/a come controparte: se infatti, cristianamente ad esempio, ci si risolvesse per intendere l’altro esclusivamente come “oggetto” del dono di sé, pare chiaro che nessuno meriterebbe quel dono e che chiunque, quindi, potrebbe “gratuitamente” divenirne il destinatario. I sentimenti di base che possono entrare in gioco nella scelta della controparte di coppia paiono sostanzialmente tre (anche se praticamente mai in forma pura, ma piuttosto come tendenze prevalenti): bisogno (istinto di sopravvivenza), desiderio (pulsione sessuale) e protezione (istinto materno per la donna, del “protettore di branco” nell’uomo); questi sentimenti fanno rispettivamente capo a tendenze caratteriali denominate da Giulio Cesare Giacobbe, sulla scorta di Berne, come “bambino” (chi pretende), “adulto” (chi prende) e “genitore” (chi dà), ma possono essere determinati prioritariamente non solo dal proprio livello di evoluzione, ma anche dal modo altrui di porsi. Una donna autonoma potrà attirare l’attenzione di un “tipo bambino” o di un “tipo adulto”, ma non di un “tipo genitore”; un uomo timido potrà attirare prima-riamente un “tipo mamma”, ma anche  un “tipo bambina”, nel caso la donna in questione abbia a confondere la timidezza puerile di lui con un’inesistente “tenerezza paterna”.

Nella prospettiva di una coscienza che esiga di espandersi e compiersi ben oltre il limite autoreferenziale del programma biologico, i sentimenti originanti la coppia andrebbero necessariamente integrati, nel tempo, in una ricerca di senso più ampia: ad esempio, un maschio “tipo adulto” dovrebbe riuscire ad integrare nel proprio approccio alla donna anche atteggiamenti fanciulleschi di gioco e complicità, oltreché di protezione, compro-missione responsabile e collaborazione domestica. Superare la prospettiva biologica non significa del resto poterla negare impunemente. Nel caso in cui un sentimento “desiderio” fosse fondante per le motivazioni di lui alla coppia e venisse frustrato da un ritiro della disponibilità di lei ad accoglierlo (per esempio a seguito d’una gravidanza o d’un litigio), le strade che si aprirebbero al maschio con il protrarsi della situazione sarebbero sostanzialmente quattro: la prima sarebbe quella di uscire dalla coppia a causa dell’estinzione dell’oggetto del sentimento originante di lui; la seconda sarebbe quella di subìre uno stress psicofisico distruttivo a causa del conflitto fra il mantenimento del desiderio per lei e la frustrazione dello stesso da parte di questa; la terza sarebbe quella del mantenimento del desiderio per lei e di uno sfogo dello stress nella forma di una pretesa crescente circa l’assolvimento dello stesso (pretesa che a sua volta produrrebbe in lui distanza verso la donna se non assolta ed in lei senso di sudditanza se assolta per “dovere”); la quarta sarebbe quella di persistere nella coppia, ma a costo della repressione e/o del reindirizzarsi del desiderio, con conseguente inevitabile “slittamento” di lei dal ruolo sessualizzato di compagna a quello asessuato di amica/sorella/figlia/mamma. Nell’ultimo caso suddetto, se il desiderio represso produrrebbe una persistenza di lui nella coppia a sua volta nel ruolo di amico/fratello/figlio/babbo, il desiderio maschile reindirizzato verso altre donne innalzerebbe esponenzialmente il rischio d’adulterio.

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