« E il Verbo si fece carne e abitò tra noi; e abbiamo contemplata la sua
gloria: gloria, come d’unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità. »
(GIOVANNI, I, 14)
Il dio e la
realtà si sostanziano a vicenda. Se Dio è l’autentica ricapitolazione della realtà
così com’essa viene incontro all’uomo, anche la realtà costituisce il vero
significato e la vera consistenza di Dio. In questo senso, adorare Gesù Cristo è davvero un atto
sensato: non per un intelletto che riduca le cose a concezioni metafisiche
fondate su un ristretto uso del principio di non contraddizione. Ma per l’uomo
savio che vive, e vivendo coglie un ordine per cui gli eventi accadono ed in
quegli stessi eventi, così com’essi accadono, sperimenta la consistenza stessa
di quell’ordine.
Così le
vicissitudini di un uomo accedono alla consistenza della realtà e tale
consistenza è quello stesso senso ch’essa rappresenta ed esemplifica. Cristo è
allora “Figlio di Dio” perché Quegli è il vero senso in cui leggere la sua
persona: nondimeno, è proprio la sua persona a dare consistenza al dio. Cristo
è allora il Verbo, ma il verbo di nuove parole: parole che non chiedono di
spiegarlo nei termini descrittivi di “natura”, di “accidenti”, di “persona”, ma
nei termini allusivi ad una relazione: “Sono Il Simbolo. Guardi me ed incontri il Padre che trova consistenza in
me; guardo il Padre e vivo come Lui mi insegna ed il mio vivere per Lui è ciò
che lo rende presente, ciò che lo rende sperimentabile, ciò che lo rende reale.
Vivo perché Lui mi fa, ma Lui stesso vive perché io lo vivo: la realtà esiste
nel senso che il mio vivere rende tangibile ed il mio vivere trova sostanza
nelle cose che io vivo secondo il loro ordine, eppure in un ordine nuovo,
l’ordine del dio che mi manda”.
Nessun commento:
Posta un commento