Com’è un luogo
senza mali? Un posto senza terremoti, un posto senza malattie, un posto senza
ladri? Ma i terremoti sono terremoti, le malattie sono malattie ed i ladri sono
ladri: non il Male. Che cos’è, allora, il male? Credo che il male sia la
negazione della realtà. Quando una persona desidera essere qualcosa che non è;
quando qualcuno affida la propria gioia a qualcosa che non può dargliela;
quando qualcuno crede che la vita sia più o meno bella a seconda della condizione
in cui la si vive, ecco, lì è il male: la vita può essere più o meno dura, più
o meno dolorosa, ma non più o meno bella. La bellezza resta tale anche quando
inaccessibile: l’assenza del male non va confusa con l’appagamento, poiché
sotto gli occhi di tutti è lo spettacolo di gente cui “non mancava nulla”, ma
si è suicidata. Tutto il male sta nel rifiuto del reale, che distrugge chi lo
vive e chi subisce le azioni di questi. Si nega il reale quando si cercano
risposte in luoghi muti, in oggetti inanimati; si nega il reale quando si
identifica la propria gioia col successo economico, con il prestigio; si nega
il reale quando si alimenta la propria volontà di potenza e così facendo ci si
avvia ad esaurirsi nel dispendio continuo delle proprie limitate forze. Volere
crescere impegnandosi nel reale, oppure il successo, gli oggetti e la
ricchezza, non sono il male: male è viverli slegati da un contesto di realtà.
Se davvero il
paradiso esiste ed è la terra senza il male, dovrà essere per forza il luogo
del confronto autentico con le cose. Se il dio è il significato ultimo delle
cose, la “visione di Lui” non sarà che la piena compromissione con le cose e la
vita. Perché non solo il dio sostanzia le cose: le cose stesse sostanziano Lui,
ormai. Se davvero qualcosa di simile al paradiso c’è, allora non può essere accessibile
che in un sempre più intenso contatto, pienamente umano e non solo mentale e
speculativo, con le cose: già da ora, necessariamente sin d’ora. Se davvero il
paradiso esiste ed è la terra del reale, allora non potrà che essere, per
ognuno ed ogni cosa, la terra della verità di ciascuno ed ogni cosa; non una
generica “beotitudine” massificante, ma la consistenza specifica di ognuno, nell’universale:
salverà ciò che accomuna e ciò che distingue, ciò che accomuna al dio e ciò che
distingue da Lui. Un paradiso così illuminerà le nostre realtà più intime
portate a compimento ed in questo compimento, operato dal dono del dio e dall’umana
e personale accoglienza di sé e della vita, ciascuno ed ogni cosa troveranno consistenza
e senso: nel dio ed in ciò che la vita stessa avrà dato loro di essere.
BIBLIOGRAFIA
di riferimento:
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