Accantonando
la disponibilità del proprio corpo alla relazione, consciamente od
inconsciamente, si rinuncia ad una relazione vera. Non identificarsi più in
qualcosa di fisso, ma accogliersi come donati a sé dalle energie della realtà
che ci attraversano e ci vivono, diventa allora “gnosticismo”: un modo
raffinato di astrarsi mentalmente dal mondo, concentrando sui postulati che
mediano il proprio rapportarsi alle cose. Il corpo esprime tutta la
permeabilità del soggetto alla vita ed anche la realtà soggettiva stessa, prima
ch’essa venga attraversata da qualunque altra energia esterna: esso è terra
della reciprocità fra ciò che si è e ciò ch’è donato, da fuori, a se stessi.
Senza
compromettersi anche fisicamente con qualcuno, non avviene piena relazione. Quando
un contenitore è sigillato, il suo “mondo”, per quanto vasto, è ridotto a ciò
ch’esso già contiene: solo se il contatto è già previsto da quel mondo chiuso o
s’è abbastanza forte da vanificarne le difese, esso può verificarsi. Le
posizioni del corpo nello spazio e rispetto agli altri, parlano della
disponibilità all’incontro, alla relazione autentica, molto prima e più che le
parole. Sedersi strettamente accanto piuttosto che distante; porsi in grembo a
qualcuno piuttosto che ritrarre lo sguardo o fuggire quello altrui, sono tutti
modi che il corpo ha, naturalmente, di svelare la persona nel porsi
relazionale. Le parole infatti ammaliano in perfetta buona fede, a volte così
persuasive da lasciar senza parole gli altri: parole e corpo insieme possono
ancora mentire, ma solo sapendo di farlo.
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