L’interpretatio è quel processo interculturale per il quale il
pantheon di un popolo entra in relazione sincretica con quelli di altri: alcuni
simboli portanti si mantengono, ricontestualizzati in nuove gerarchie di
valori; altri si perdono o vengono redistribuiti su più figure, più personaggi,
dando vita a loro volta a nuovi valori, nuovi modelli e nuove energie. Quando
la Divina Atena, già emersa da un precedente processo che dall’oriente la portò
all’Attica, incontrò il messianismo cristiano, seppe dar vita, come una bianca
luce filtrata da un prisma, ad una miriade d’immagini. Il settenario di doni
dello Spirito Santo ricorda ancora oggi le prerogative del rapporto
intrattenuto fra la Pallade e i Suoi
protetti; nella duplice natura del Cristo si ravvisa l’archetipo che fu già
dell’Egida, la quale ha Medusa sul davanti e La Splendente sul retro; nell’icona
di San Giorgio si riverbera la gloria marziale della Gorgoneion (cui anche il nome somiglia), seppure svilita nella Sua
analogica alterigia ermafrodita originaria; in Santa Lucia, alla cui memoria
siamo giunti e la cui devozione emerge non a caso nelle aree che già furono
della Magna Grecia, la Glaucoptis
trova nuova forma, questa volta esclusivamente femminile, per cui lo sguardo di
civetta che buca le tenebre è qui interpretato (per l’appunto) sotto il segno
dell’arrendevolezza, mentre la luce di Sofia (altro epifenomeno del genere) si
riduce a speranza nell’affidarsi a Dio.
La Vergine di Siracusa, voltando
le spalle al vecchio mondo e cioè al benessere illusorio della materia ed anzi
trovandosi privata anche degli occhi fisici per scorgerlo, innalza il suo
sguardo spirituale verso gli orizzonti celesti dell’Essere e dell’Unico, dal
quale soltanto ormai spera di
ricevere consistenza: il Santo Natale è alle porte, così come (parafrasando San
Paolo) è più prossima la salvezza, dopo l’incessante avanzare della notte.
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