Nel primo articolo di questa
nuova serie, dedicata alla sistematica disamina dei rapporti fra Cristianesimo
e simbolo, ho introdotto il tema della legittimità di una lettura esoterica
della dottrina cattolica e delle Sacre Scritture, asserendo ch’essa appare lecita
ogni qual volta ci si trovi innanzi a narrazioni dall’apparenza fantastica o
facilmente conducibili a soggetti mitologici precedenti (e che siano, per
inciso, riferibili in modo documentato alle aree ed alle epoche in cui le
suddette narrazioni si ritenga siano state compilate). Il simbolo permetterebbe
di superare la scarsa plausibilità scientifica di eventi quali la creazione in
sei giorni ed allo stesso tempo di conservare il loro valore pedagogico e
filosofico, ma imporrebbe anche, per contro, di riconsiderare necessariamente
il tenore della presunta rivelazione cristiana, portando a valutarla non più in
termini di eventi significativi e storicamente
avvenuti secondo le modalità della loro narrazione, ma oramai in quelli di tradizioni
mitiche esistenzialmente e/o filosoficamente significanti. Nel presente articolo (di cui la presente non è che
la parte 1a di 3), illustrerò alcuni miti ed eventi religiosi dell’epoca
e dell’area di nascita del Cristianesimo (o di epoche ad essa precedenti), con
lo scopo di fare valutare ai lettori la plausibilità di un’ipotesi: quella per
cui il Cristo sia un personaggio che, anche qualora riferibile in alcuni
dettagli ad un uomo realmente vissuto, vada inteso come sostanzialmente mitico,
ovvero archetipico, piuttosto che storico.
«Adone è una delle più complesse figure di culto nei tempi
classici. Egli ha assunto numerosi ruoli in ogni periodo. Simboleggia la
giovanile bellezza maschile ma anche la morte ed il rinnovamento della natura.
Dal suo sangue crebbero gli anemoni [notare la corrispondenza con l’associazione
di Cristo al corallo, nell’arte europea] e ad essi Adone viene associato». Il culto di Adone è di origine semitica
(deriva dalla precedente figura sumera di Tammuz) ed è attestato nel vicino
oriente dal sec. VII a.C.: dal nome di Adone deriva l’ebraico adonai, che sta per “Signore”. Nel mito,
Adone ha come padre un re e come madre la figlia fino ad allora ancora vergine
del re stesso, portata ad accoppiarsi al genitore grazie ad un incantesimo
della Dea Afrodite: la madre di Adone si chiama Mirra (cfr. col nome ebraico di
Miriam) e suo padre, scoperto d’avere giaciuto presso la figlia (ora incinta) con
l’inganno, tenta di ucciderla, costringendola a fuggire per la campagna (cfr.
con la fuga di Maria verso l’Egitto per fuggire alla strage degl’innocenti):
per salvarla, Afrodite stessa la trasforma in un albero di mirra (cfr. coi
regali dei magi –tradizionalmente persiani- al Bambinello di Betlemme. A questo
proposito, ancora «nel V secolo Sofronio Eusebio Girolamo, padre della Chiesa,
scrive scandalizzato che perfino Betlemme accoglieva il pianto per l'amato di
Venere, nella grotta in cui Gesù neonato aveva vagito. Analoghe testimonianze
sono presenti in Ammiano Marcellino» -Wikipedia). Essendo Adone conteso per la sua
bellezza da due dee, Persefone regina dei morti ed Afrodite regina dell’amore, Zeus
stabilisce ch’egli risieda per un terzo dell’anno con Afrodite, per un terzo
con Persefone e per l’ultimo terzo dov’egli ritenga meglio: stregato da un
incantesimo sessuale di Afrodite, Adone decide infine di passare anche la terza
parte della sua vita con Lei, riducendo contemporaneamente il suo soggiorno
nell’oltretomba: appare chiaro il riferimento all’antica ripartizione egizia (ciò non sembri strano, dal momento che: il medioriente fu tradizionale area d'influenza egizia; la stessa Bibbia riferisce dello strettissimo legame fra civiltà semitiche ed Egitto; lo stesso mito di Adone è connesso a quello egizio più antico di Ammone) dell’anno
in tre sole stagioni, di cui una corrispondente a quella dell'inondazione del Nilo (cfr. con la
dinamica "vita familiare – vita nascosta – vita pubblica" di Cristo, ma anche con
quella "vita – morte – resurrezione"). E’ da notare che i molti punti di contatto
scorti fra i racconti evangelici ed il mito di Adone non paiono trovare alcun
riscontro nell’Ebraismo ruotante attorno al Tempio nell’epoca di Gesù, mentre riecheggiano in numerosi altri culti allora già presenti nella stessa regione.
Lo Zoroastrismo è il primo culto monoteista chiaramente documentato
della Storia, sicuramente attestato già nel sec. VI a.C., in Persia: prima di
affrontarne i punti salienti della dottrina, trovo utile illustrare le curiose
circostanze della vita del suo fondatore, Zoroastro, che studi recenti
antepongono di molto alla datazione del sec. VII a.C. inizialmente ipotizzata
per lui. Zoroastro studia per diventare sacerdote nel culto di Mitra, ma ben
presto lo sdegno per i sacrifici animali lo porta a prendere le distanze dal
culto ufficiale; dopo un lungo periodo di meditazione nascosta e solitaria (ricorda
niente?), all’età di trent’anni (dice niente?), avrebbe avuto la rivelazione
dell’angelo del Dio della Luce, Ahura Mazda (“Saggio Signore”). Durante la sua
vita pubblica, i documenti antichi riportano di episodi di dubbio e di
travaglio interiore (cfr. con i ritiri e le tentazioni di Gesù nel deserto).
Ciro il Grande sarebbe stato convertito direttamente da Zoroastro, la cui
riforma religiosa sarebbe diventata la religione ufficiale di Babilonia (a
questo proposito, è importante notare che Ciro è l’imperatore che pone fine
alla cattività babilonese degli ebrei, secondo la Bibbia: gli storici, oggi,
sono unanimemente concordi nel sottolineare che la riforma ebraica in senso
monoteista sia avvenuta proprio con la restaurazione del tempio a seguito del
ritorno dei profughi). Ahura Mazda agisce nel mondo tramite Spenta Mainyu (“Santo
Spirito”) ed il suo trono è circondato dai suoi sei Amesha Spenta (“Immortali
Santi”, una sorta di arcangeli), tramite i quali governa la Terra. Sotto gli
Amesha Spenta stanno gli Yazata (“venerabili”, una via di mezzo fra angeli di
rango inferiore e santi umani), coloro che hanno preso vita in un corpo
materiale per meglio aiutare Dio nel combattere il suo nemico, Angrā Mainyu (“Malvagio Spirito”). All’inizio
dei tempi, lo spirito malvagio sceglie il male e si oppone a Dio, con il quale
combatte durante tutta la Storia; Gayo Maratan (“vivente”), il primo umano, viene
tentato da Angrā Mainyu e muore, diventando il seme della prima coppia umana
sessualmente differenziata. Il maschio di questa prima coppia è Yima, un
pastore che vive in un paradiso terrestre, luogo di beatitudine e di perfetta
amicizia con Dio: essendosi ritrovato a mentire al suo Signore, Yima viene
cacciato dal giardino e costretto a riconquistare lo stato di beatitudine con i
suoi meriti. Questa breve disamina dello Zoroastrismo (o “Mazdeismo”) permette
subito di notare due distinte parti, rispetto al Cristianesimo: mentre la
storia del giardino e della caduta è riscontrabile anche nella tradizione
ebraica, la vita di Zoroastro (così come quella di Adone) mostra notevoli punti
di contatto (pure nella sua diversità generale) con le vicissitudini “terrene” di
Cristo, ma non con l'Antico Testamento, così come non appare affatto alcun collegamento tra
l’Ebraismo e la teologia zoroastriana, che invece ricorda molto da vicino numerosi
elementi “originali” della dottrina cattolica sulle gerarchie celesti e la genesi del male (come vedremo più avanti, la genesi del male secondo la rilettura posteriore del Cristianesimo paolino è tutt'altra cosa dalla cacciata dei progenitori dall'Eden secondo l'originale interpretazione ebraica). Nella seconda parte di questo
articolo affronterò il tema della comunità essena e
delle dottrine rabbiniche ai tempi di Gesù, traendo quindi alcune preliminari conclusioni.
Nessun commento:
Posta un commento