Una volta compreso il principio d’analogia, pare utile capire come funzionino
in generale e nella pratica i simboli: può essere considerato un simbolo
qualunque cosa esista, in quanto ogni cosa appare appunto connessa
metafisicamente e fisicamente con tutta quanta la realtà (cfr. articolo precedente). Per quanto detto, emerge come primo dato che un simbolo è una cosa
ben diversa da un segno. Un segno è
qualcosa che viene convenzionalmente
adottato in un qualunque contesto e per indicare riassuntivamente qualcos’altro
col quale il segno stesso non ha in realtà nulla a che spartire: la sirena dell’ambulanza
è il segno acustico che indica agli automobilisti la procedura stradale d’accostare,
ma non “possiede” la fretta dell’ambulanza; le strisce zebrate sono il segno
visivo che innalza l’attenzione verso i pedoni, ma il loro disegno non somiglia
neppure, a dei pedoni. Il simbolo, diversamente dal segno, è o raffigura qualcosa
che ha una stretta relazione di senso con ciò cui rimanda. Il simbolo mette
in relazione ciò ch’esso è, con gli innumerevoli aspetti (vita biologica; vita psico-emotiva; vita spirituale) e contesti (realtà materiale; realtà esistenziale-religiosa; realtà cosmica)
che permettono all’uomo di riconoscer un senso alla sua esperienza. Il simbolo, sintetizzando ed
evocando i piani molteplici della realtà, viene contemporaneamente colto dal
soggetto secondo due modalità: consapevolmente
riguardo i suoi contenuti verbalizzabili, a seconda del grado “culturale” di
chi lo riceve; non consapevolmente
riguardo i suoi contenuti emotivi, a seconda del grado di “contatto” che chi lo
riceve mantenga con la propria interiorità.
Per quanto riguarda la ricezione conscia di un simbolo, c’è da dire ch’essa
avviene tramite due modalità: quella “orizzontale” della tradizione e quella “verticale” dell’iniziazione: nel primo caso, il simbolo giunge ad un gran numero di
persone che lo adottano consapevolmente,
ma per abitudine e senza coglierne tutta la reale profondità; nel secondo caso,
il medesimo simbolo giunge ad essere compreso
da un ristretto numero di persone per un loro approfondimento personale, una rivelazione ricevuta od entrambe le cose. Le proprietà di comunicazione inconscia dei simboli fanno sì ch’essi
siano impiegati da un lato per rendere accessibili all’uomo quelle conoscenze profonde
sulla realtà che non risultino trasmissibili a parole – si è in questo caso
davanti ai cosiddetti simboli della
Scienza Sacra (cfr. libro omonimo di R. Guénon); d’altro lato, si ha che i
simboli siano da sempre usati anche per la funzione cosiddetta contro-iniziatica, cioè manipolativa,
come ad esempio nel caso odierno delle suggestioni commerciali pubblicitarie: ci
si occuperà, nel percorso di questi articoli d’introduzione al simbolico,
soltanto del primo caso, che il più delle volte è decodificabile secondo il
seguente schema progressivo: funzioni e qualità dell’oggetto preso a simbolo
> funzioni e qualità teologiche analoghe a quelle dell’oggetto > funzioni
e qualità cosmologiche profonde. Un esempio tipico del legame analogico che
passa tra funzione dell’oggetto, metafora teologica e cosmologia è
rappresentato dal cosiddetto teorema di
Pitagora: le qualità geometriche del triangolo rettangolo sono assunte a
simbolo della religione solare egizia, la quale, a sua volta, è simbolo della
conoscenza circa le relazioni tra le 3 posizioni del sole (alba, zenith, tramonto) in cielo, i 4
punti cardinali (est, sud, ovest, nord) sulla terra e l’umanità (“quintessenza”)
frammezzo.
Per approfondire: http://www.carpeoro.com/pdf/01-Il_Metodo_Carpeoro.pdf
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