Una delle accuse più frequenti,
rivolte da ambienti pseudo-esoterici (se non smacca-tamente new-age) alla Chiesa Cattolica, è quella di avere ridotto l’uomo
tripartito tradizionale, per così dire “composto” di corpo, di anima e di
spirito, in un uomo “duale” e titolare solamente di un corpo e di un’anima,
avendo essa così meritato le dure parole evangeliche che recitano: «Guai a voi,
scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente;
di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono
entrare» (Mt XXIII, 13). Si invita a non confondere la forma con la sostanza. Come
in ogni simbolo, anche qui la forma e la sostanza sono in rapporto analogico
fra loro: certamente una forma diversa determina una possibilità applicativa
diversa della sostanza e ciò non di meno, le due cose non vanno confuse.
Si è suggerita, nel precedente
articolo (6), la relazione analogica vigente tra i tre livelli di profondità
del Tempio (basilica superiore; basilica inferiore; cripta), le tre categorie
umane della gnosi (ilici; psichici; pneumatici) ed i tre piani della
realtà (materiale; sociale; ontologico): a questo riguardo, per comprendere il
nesso fra queste nozioni e l’oggetto ora in esame, andrebbero anzitutto richiamate
alla mente alcune tesi antropologiche e politiche, di matrice pitagorica, che
Platone illustra soprattutto nel Fedro
e nel La repubblica. Platone descrive
l’uomo unitario come “composto” di un corpo materiale e di un’anima vitale; l’anima umana, a sua volta, sarebbe tripartita in anima concupiscente (appetiti istintuali), anima irascibile (emozioni) ed anima razionale
(intelligenza): si delinea, in questi primi dati, la tradizionale (cfr. col primo articolo) progressione 1 > 2 > 3, che spiega come l’Unità del reale, comprensibile
solo dualisticamente, trovi significazione nella sua relazione con “terzi” (la
coscienza che osserva). La coscienza umana tripartita - 3 -, che si relaziona
all’unità del reale - 1 -, “quadra il cerchio” - 1+3=4 - dell’Essere.
La repubblica, nel tradurre politicamente l’antropologia platonica,
istituisce una costruzione gerarchica della società. L’unica società - 1 -, i
cui appartenenti possono risultare temperanti od intemperanti - 2 - a seconda
del grado d’educazione, appare strutturata in modo che, dal livello più
numeroso e più semplice costituito dal corpo
lavoratore, evolva prima in quello già più ristretto e più nobile dei guerrieri,
preposto ad animare la difesa dell’ordine,
fino a quello dei politici, elitari custodi dello spirito della polis - 3 -.
E’ ora possibile procedere a descrivere l’antropologia/sociologia ecclesiastica
cattolico-romana, sottolineando la perfetta identità della sua struttura con
quella platonica. L’unico Corpus Christi
che è la Chiesa - 1 - è composto di uomini i quali, tutti, dispongono di un
corpo e di un’anima - 2 -, la quale anima è a sua volta soggetta alla
concupiscenza dei sensi (istinti) ed alle passioni (emozioni), ma è anche
dotata della ragione - 3 - che fa l’uomo ad
immagine e somiglianza del Padre; l’uomo pio che orienta i suoi sensi, la
sua fede e la sua intelligenza all’unico Dio - 3+1 -, è colui che perviene in sé
alla comunione fra creato e Creatore - 4 -. Sul piano dell’organizzazione
sociale, la Chiesa appare così “tripartita”: alla base sta il popolo laico
(anima concupiscente, casta produttiva), il quale vive la propria religiosità nei termini di un
rapporto bisogno-consolazione. Nel simbolo architettonico della Basilica di San Francesco in Assisi, l’ambiente destinato al popolo è la basilica superiore,
riccamente affrescata per fornire stupore agli occhi e consolazione didascalica
alle paure. Il secondo livello della società ecclesiastica cattolico-romana è
costituita dai religiosi (anima irascibile, casta difensiva), coloro che si sentono eticamente coinvolti nell’esercizio
eroico delle virtù evangeliche di povertà, castità ed obbedienza: nel
simbolismo architettonico, il loro spazio è quello già più stretto, più
riservato e più profondo della basilica inferiore. Il vertice della piramide sociale è costituita dagli “iniziati”
all’Ordine Sacro (anima razionale, casta dirigente), coloro che si dicono “pastori” e che riservano al loro
esclusivo consumo lo spirito, ossia
la Comunione nella specie del vino.
Si rilascia, infine, un appunto a riguardo della presunta misoginia della struttura
romano-cattolica. Nelle società tradizionali, che tutte prevedono
una concezione intrinsecamente relazionale della realtà, articolata nell’unità
dell’Essere con il dualismo percettivo, il carattere maschile e femminile dei
generi viene SEMPRE gestito simbolicamente. Nel Cattolicesimo, che di certo è
una forma tradizionale di civiltà, il maschile rappresenta ora Dio, ora la
natura divina del Cristo, ora il Cristo stesso nel suo ruolo di maestro/pastore ed ora lo Sposo; il femminile rappresenta ora la Chiesa, ora la natura
umana di Gesù, ora Gesù stesso nel suo ruolo di Figlio obbediente ed ora la Sposa:
sia la gestione del sacramento del matrimonio nella Chiesa, che la gestione
delle ammissioni soltanto maschili all’Ordine Sacro, vanno pertanto intesi come
“muta pedagogia” tradizionale del rapporto fra la vita materiale dei credenti
ed il mistero della redenzione. Gli antichi testi mostrano come anche il
diaconato risultasse accessibile anche al genere femminile: questo non deve
stupire. Il diaconato, in quanto “terzo gradino più basso” dell’Ordine Sacro,
sta a quest’ultimo come il corpo materiale sta all’intera persona; il diaconato,
in quanto antico ruolo di servizio caritativo, si presta ad essere incarnato
simbolicamente sia da un uomo che da una donna, poiché sia il padre che la
madre, in una famiglia cristiana, sono chiamati alla sollecitudine per le
esigenze materiali dei figli.