Tutto è coscienza. Non può
esistere ciò che non si manifesta e non esiste manifestazione senza la capacità
di percepirla d’un senziente: «appaio
alla coscienza di qualcUNO, quindi sono».
La coscienza che tutto regge, in quanto “coscienza”, appunto, si trova nella
condizione di conoscere e cioè di far esperienza di ciò che regge: non può far
esperienza del bianco se non in contrapposizione al nero (e viceversa); non può
far esperienza del maschio se non in contrapposizione alla femmina (e viceversa). Le apparenze originarie (archetipi) che manifestano l’Universo alla coscienza che lo regge, sono sette e divise in 3+1 macro-gruppi: l’essere e il non-essere (asse della energia, a cui si riferiscono in musica l'intensità della nota ed in astrologia le case, per intendere); il prima e il dopo (asse del tempo; altezza, segno); l’io e l’altro (asse dello spazio; timbro, posizione dei pianeti); il cuore (analogicamente inteso sia come “unità” [androginia/tesi, il Padre], che come “mediazione” [polarità/antitesi, il Figlio] che come comunione [ermafroditismo/sintesi, lo Spirito Santo]). L’Universo che si regge sulla coscienza è per forza duale,
poiché la coscienza stessa che appunto lo regge non può darsi senza conoscere e
la conoscenza, a sua volta, non può darsi senza corrispondenze ed altresì senza
contrapposizioni tra i conosciuti; ma l’Universo duale resta intrinsecamente
Uno come la coscienza che lo regge: è questo il motivo per cui l’Essere stesso è
analogico: uno per tutti ed insieme distinto per ciascuno degli enti che esistono.
La dualità del reale, oltre ad essere
inevitabile data l’esistenza stessa delle cose, si pone anch’essa davanti alla
coscienza con un duplice aspetto: quello di “occasione” di conoscenza (e quindi
di funzione dell’Essere) e quello di “impedimento” alla conoscenza (e quindi di
“prigione” per l’Essere). La dualità del reale è quindi, letteralmente, il ri-VELARSI della realtà alla coscienza che la regge. La
coscienza che regge il reale, davanti al rivelarsi di questo, da un lato “acquisisce”
(NON in termini cronologici) conoscenza e la facoltà di reggere il reale; dall’altro,
prende coscienza del reale in termini separativi e “dimentica”, per così dire,
la propria autentica natura di “reggitrice” dei mondi.
Lo spirito libero è capace di
distinguere tra il bene ed il male e di agire, però, aldilà del bene e del male. Ogni
scelta, in quanto necessariamente legata al manifestarsi duale dell'Universo,
implica un “parteggiare” nel vero senso della parola: è un atto necessa-riamente
imperfetto, in quanto mutilatore dell’Essere ed autoreferenziale. Non esiste scelta senza autoreferenzialità e non esiste
possibilità di non scegliere. Quello che è possibile fare, dato che la
coscienza è allo stesso tempo l’origine (in senso ontologico e non cronologico)
ed il prodotto del manifestarsi duale della realtà, pare proprio l’esercitarsi
nell’orientare le scelte, costantemente, verso la “parte”
apparentemente "più relazionale" delle circostanze: di modo che, una coscienza
addestrata a concepirsi come distinta e insieme "unita" all'alterità, sappia di volta in volta e sempre meglio affrontare la realtà, da un
lato riducendo progressivamente la porzione di mondo ad essa ignoto e dall’altro
adeguando progressivamente le scelte alla realtà di cui avrà ricevuto la
rivelazione. L’unica soluzione pare quella d’ “individuarsi reintegrandosi”,
tendendo NON a risolvere i problemi, ma a manifestarsi sempre meglio al mondo
come vera Coscienza.
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