“Il
piccolo yeti”, che faremmo meglio a chiamare “il paradigma della carpa koi”, è
una co-produzione internazionale USA-CINA del 2019 con la quale l’industria occidentale tenta
nuovamente di “far breccia” nello sterminato mercato asiatico dell’intrattenimento.
Sul piano tecnico il lungometraggio, diretto dalla coppia J. Culton e T. Wilderman, non è neppure lontanamente in grado di
competere con le produzioni Pixar-Disney cui siamo oramai abituati e ciò nonostante,
sarebbe a mio avviso un errore sottovalutarlo. Scopriamo un film
incantevole e intenso che smuove una quantità tale di “leve interiori”, grazie ad una
serie interminabile d’immagini archetipiche tratte dalle due culture, da
risultare assolutamente adatto ad un pubblico di profonda cultura.
Scrive
Marianna Cappi su MyMovies, intuendo qualcosina di ciò che andrò ad esporre: « il film di Jill Culton sembra possedere qualche qualità
nascosta, per come il risultato supera magicamente l'insieme delle parti ».
“Abominable”
è un racconto di formazione, anzi, è un racconto iniziatico che coinvolge lo
spettatore in prima persona, chiamato inevitabilmente ad “incarnarsi” in uno
dei “quattro elementi” che affronteranno –ciascuno a suo modo, il proprio
percorso di “risveglio” durante questo straordinario "viaggio deGLI eroi". Sin da
sùbito, incontriamo i quattro tipi di persone che il Destino può
chiamare ad una nuova realtà. La protagonista è Yi o per
meglio dire “Anima”, che vive il suo quotidiano nella frenetica ricerca degli strumenti per partire, alla volta di un percorso che SA GIA’ essere sacro, perché
legato ai progetti del Padre -progetti sconosciuti al mondo, ma vividi in lei.
Essendosi
spezzata la “coppia sacra” con la sparizione del Padre e come
Eracle infante allontanato da Zeus, la “bambina d’oro” non sa più cogliere neppure il Femminino Sacro, con il suo sistema di valori: tutta
ripiegata all’interno, attende unicamente alla sua sete lavorando duramente nonostante tutti, attorno a lei, paiano
considerarla un’aliena. Solo la Sacra Armonia che viene dal Padre
brilla ancora nel cuore della Figlia, tale da diventare il leit motiv del
suo intero percorso. E’ l’armonia sacra del suo Destino, ciò che Yi imparerà a
gestire: è l’armonia sacra del Padre, ciò che richiamerà a lei lo Spirito Guida
della Montagna Splendente.
Si
potrebbe temere che gli strabilianti poteri dello yeti siano una facile
soluzione per “tappare” altrimenti vistosi “buchi di scrittura”: sarebbe così se lo
yeti fosse appunto ciò che il nome dice e non il Sacro Nume Tutelare della storia. Lo spirito della Montagna è in
ogni modo braccato da forze incredibilmente ben architettate, in prospettiva
esoterica: esse vogliono mostrare il Sacro al mondo a costo di neutralizzarlo,
mentre Yi ed i suoi amici, gli Eletti del Sacro, vorranno nasconderlo al mondo e
ricollocarlo là dov’esso regna, per onorarlo. Al più basso “gradino” della
ricerca c’è lo "sponsor" della “caccia allo yeti”, presentato come un antico
spettatore del Sacro.
Compagno
inconsapevole di Yi sulla “Via di Luce” da lei inaugurata, il vecchio scalatore
caccia lo yeti per fuggire a quella stessa derisione del mondo –incredulo ai
suoi racconti di gioventù, che la bambina ha invece volutamente abbracciato
pure di partire: lei è la PNEUMATICA guidata dal Destino,
lui è lo PSICHICO manovrato dalle proprie paure. Un terzo personaggio, socio
del vecchio nell'inseguimento del "mostro", è la dottoressa incarnante l’ILICO, il
lato cieco della femminilità, colei che è materia e che nessun viaggio sarebbe
in grado di elevare oltre essa: l’ilica è falsa e perciò cieca, vive col sacro un
rapporto puramente strumentale in cui il MISTERO è solo l’abominio del titolo.
I due
restanti compagni d’avventura non hanno còlto da soli il richiamo della
partenza: erano in diversa maniera impreparati e inadeguati all’irruzione del
Nuovo nelle loro vite; nessuno Spirito Guida giunge per loro, ma si lasciano ad
ogni modo guidare da esso per il tramite di "Colei che Vede Prima", Yi la Prometea,
la sacerdotessa che dallo Pneuma intercede per tutti coloro che, pure nella
condizione psichica del dominio emotivo, si dimostreranno “uomini di buona volontà”.
E’ innanzi ad un Budda, che l’illuminazione coglierà i tre, ciascuno al suo livello; anche se solo Yi ascenderà, facendosi generatrice di Vita, gli occhi di tutti si apriranno: ora su di sé, ora sull'amicizia.
Come in
ogni epopea mistica che si rispetti, non manca l’archetipica immagine
della morte iniziatica, espressa con sobrietà e nel contempo doverosa
violenza. L’Illuminazione, appena conseguita, davanti al "nulla che avanza" non potrà fermarsi a crogiolare nel buonismo disneyano delle situazioni che si
salvano da sole: Anima, divenuta Dea della Guerra seguendo l’esempio dello
Spirito Guida, suo “pontefice” e “psicopompo”, scoprirà che l’Armonia del Suo Cuore, divenuta oramai cosmica, può e deve generare, può e deve distruggere, può lasciar andare e può
trattenere, affinché l’equilibrio del Sacro sia preservato. Solo accettando assieme alla
partenza, pure il ritorno, l’Unità sarà ripristinata e “la strada di casa -di cui il titolo, ritrovata".